La Corte suprema inglese interviene sul caso Brownlie

La Corte suprema inglese, il 20 ottobre, si è pronunciata sul caso Brownlie, precisando anche taluni aspetti relativi all’incidenza dei regolamenti Ue in materia di cooperazione giudiziaria civile sulla nozione di danno indiretto [2021] UKSC 45, FS Cairo v Lady Brownlie (Brownlie). La vicenda aveva avuto inizio a seguito di un incidente stradale in Egitto nel quale lo studioso di diritto internazionale di fama mondiale era morto. La moglie era rimasta ferita e aveva avviato, sin dal 2012, un’azione giudiziaria in Inghilterra contro la società di alberghi Four Season Holdings (canadese) attraverso la quale era stata prenotata l’escursione. Il Four Season Hotel Cairo era gestito dalla società egiziana FS Cairo: questo ha portato la Corte suprema, già in passato, a stabilire che, poiché il Four Season non era il proprietario né il gestore dell’hotel, l’azione dinanzi ai tribunali inglesi (legge applicabile quella egiziana (UKSC 2020), andava indirizzata nei confronti della società FS Cairo. Così, in base alle regole procedurali inglesi, la signora Brownlie era stata autorizzata a modificare la sua domanda, chiedendo l’autorizzazione a notificare il modulo previsto in Egitto. A questa richiesta si era opposta la società FS Cairo, ma la Corte d’appello aveva respinto il ricorso. Di qui la nuova azione dinanzi alla Corte suprema inglese che, però, ha rigettato l’istanza della FS Cairo. Chiarito che la notifica fuori dalla giurisdizione inglese è possibile in presenza di tre requisiti, incluso quello relativo a un’azione che abbia una ragionevole prospettiva di successo, la Corte suprema si è soffermata sulla nozione di danno contenuta nel paragrafo 3.1 (9)a) delle Practice Direction che, precisa la Corte, si riferisce, proprio perché viene utilizzato unicamente il termine di danno subito in Inghilterra, sia al danno diretto che a quello indiretto, conseguenza dall’atto illecito. La Corte ha escluso una lettura restrittiva di tale nozione così come una lettura fondata sul diritto Ue precisando che il diritto inglese non è stato adottato per arrivare a un’assimilazione tra diritto interno e diritto Ue. La Corte Suprema, inoltre, ha condiviso la posizione della signora Brownlie respingendo la tesi della società ricorrente secondo la quale la donna non aveva dimostrato le ragionevoli prospettive di successo in base al diritto egiziano. Per la Corte, non si può ritenere applicabile il diritto inglese par default, ma  si può ammettere una presunzione circa la somiglianza tra il diritto egiziano e il diritto inglese, ragionamento che porta la Corte a concludere nel senso che il radicamento della giurisdizione in Inghilterra è corretto perché  vi sono ragionevoli prospettive di successo nell’azione dinanzi ai giudici inglesi.

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