Libertà di espressione dei magistrati in uno studio del Consiglio d’Europa

Sul difficile equilibrio tra diritto alla libertà di espressione e salvaguardia dell’imparzialità dei giudici, la Commissione Venezia del Consiglio d’Europa ha adottato, il 23 giugno 2015, un rapporto dal titolo “La libertà di espressione dei giudici” (CDL-AD(2015)0181). Il parere n. 806/2015 (venice.coe), redatto dai relatori Johan Hirschfeld, Milenko Kreca e Christoph Grabenwarter su richiesta della Corte interamericana dei diritti dell’uomo alle prese con il caso Lopez Lone e altri contro Honduras, fornisce un’analisi comparata delle regole esistenti nei diversi Stati del Consiglio d’Europa, partendo dal parere n. 3 del 2002 del Consultative Council of European Judges nel quale si afferma che il sistema giudiziario può funzionare solo se i giudici non sono isolati rispetto alla società in cui vivono. Dall’analisi comparativa risulta che in quasi tutti gli Stati mancano norme costituzionali volte a garantire in modo specifico la libertà di espressione e di associazione dei magistrati. Alcuni Paesi, come l’Albania, garantiscono nella Costituzione l’immunità per i giudici dell’Alta Corte in relazione alle opinioni espresse nell’esercizio delle proprie funzioni. Sulla stessa linea il Montenegro che, sempre nella Costituzione, dispone l’immunità per il Presidente della Corte suprema, dei giudici della Corte costituzionale e del Procuratore e dei giudici della Corte Suprema. In alcuni Paesi sono posti limiti alla libertà di associazione se finalizzata all’attività politica. La Germania assicura la libertà di espressione vietando unicamente dichiarazioni politiche citando il proprio ufficio. In Romania, invece, i giudici non possono esprimere le proprie opinioni politiche. Ampio spazio a regolamentazioni nei codici di condotta. La Svezia è il Paese che assicura la maggiore libertà di espressione. Nella Costituzione è previsto, in termini generali per ogni individuo, il diritto alla libertà di espressione, che è poi garantita in modo effettivo nel Freedom Press Act e nel Freedom of Expression Act con un divieto di ogni conseguenza negativa sul personale del pubblico impiego, inclusi i magistrati, che forniscono informazioni alla stampa. Naturalmente, come in altri Paesi, sono stati fissati  limiti in relazione ai procedimenti in corso.

Lo studio si conclude con un’analisi dettagliata della situazione in Austria e Germania e con un esame della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che ha messo in primo piano la necessità di raggiungere un giusto equilibrio tra libertà di espressione da un lato e separazione dei poteri e indipendenza e imparzialità dei giudici dall’altro (si veda, tra le altre, la sentenza Harabin contro Slovacchia).

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