Mandato di arresto europeo in uno studio dell’Agenzia Ue per i diritti fondamentali

Il mandato di arresto europeo funziona, ma alcune norme e la loro applicazione pongono taluni problemi con riguardo alla tutela dei diritti umani. Per individuare le questioni più rilevanti, l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali ha analizzato, sotto il profilo della tutela dei diritti dell’uomo, la decisione quadro 2002/584/GAI recante disposizioni in materia di mandato di arresto europeo e di procedure di consegna tra Stati membri (fra-2024-european-arrest-warrant), focalizzando l’attenzione sui motivi di non esecuzione in caso di violazione di diritti fondamentali, sulle questioni relative all’accesso a un legale, alle informazioni e alle traduzioni durante il procedimento. La Corte di giustizia dell’unione europea – si legge nello studio – ha confermato che l’esecuzione del mandato di arresto deve essere rinviata nei casi in cui sia necessario accertare un rischio per la dignità della persona o di trattamenti inumani o degradanti. Per verificare l’operatività delle regole a tutela dei diritti umani e della Carta dei diritti fondamentali nella prassi applicativa del mandato di arresto europeo, l’Agenzia Ue ha compiuto una ricerca tenendo conto delle attività di 19 Stati membri, inclusa l’Italia (ascoltando i professionisti) e in 6 Stati membri (intervistando i destinatari della decisione). Il volume contiene un esame dei casi che hanno interessato gli Stati membri: dalla Spagna, con l’intervento della Corte costituzionale e il rispetto del principio di proporzionalità, al Portogallo con le pronunce della Corte di appello. Un approfondimento è dedicato all’esecuzione del mandato di arresto in rapporto alle condizioni di detenzione e all’assistenza legale.

L’Agenzia ha anche esaminato l’uso della tecnologia e, con riguardo all’Italia, è emerso che mentre durante il Covid-19 sono stati impiegati in modo adeguato gli strumenti tecnologici, malgrado diversi vantaggi, questi sono stati abbandonati rapidamente.

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