Nei procedimenti per diffamazione necessario considerare la buona fede del giornalista

La sanzione economica è stata lieve, ma se i giudici nazionali non prendono in considerazione la buona fede del giornalista nei procedimenti per diffamazione commettono una violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Prosegue, così, il cammino della Corte europea dei diritti dell’uomo verso un’ampia tutela della libertà di stampa. Con la sentenza depositata il 29 ottobre Strasburgo ha condannato, questa volta, la Finlandia (CASE OF RISTAMAKI AND KORVOLA v. FINLAND). Un giornalista di una rete televisiva nazionale e il suo superiore avevano trasmesso un reportage evidenziando la mancata cooperazione con la polizia delle autorità amministrative fiscali finlandesi che si erano rifiutate di eseguire indagini sul finanziamento di due centri sportivi, facendo riferimento a un imprenditore. Proprio lo stesso giorno della trasmissione televisiva l’imprenditore era stato oggetto di un’indagine per un’altra vicenda e, a suo avviso, l’accostamento aveva creato una falsa rappresentazione della realtà. La Corte distrettuale finlandese aveva condannato i due giornalisti al pagamento di un’ammenda pecuniaria ritenendoli colpevoli di diffamazione. Di diverso avviso la Corte europea. Prima di tutto – ha precisato Strasburgo – i giudici nazionali non hanno effettuato un bilanciamento tra il diritto di fornire informazioni di interesse generale – quali erano quelle del servizio televisivo – e il diritto alla reputazione dell’imprenditore. In pratica, i giudici nazionali hanno preso in esame solo la reputazione del diffamato. Non solo. I giornalisti avevano illustrato fatti e non insinuazioni, riportando gli avvenimenti in modo oggettivo e senza esagerazioni, acquisendo fotografie dell’imprenditore senza sotterfugi. Del tutto trascurato, poi, il comportamento corretto dei giornalisti che avevano agito in buona fede: è vero che la trasmissione del servizio televisivo proprio il giorno in cui l’imprenditore risultava coinvolto in un’altra inchiesta poteva far sorgere il dubbio che lo fosse anche per la prima, ma si trattava di un dato di fatto. Per sciogliere ogni dubbio, poi, i giornalisti avevano chiarito i fatti il giorno successivo. Di conseguenza, malgrado la pena di lieve entità, la Corte europea ha ritenuto violata la libertà di stampa condannando la Finlandia a indennizzare i giornalisti  con la stessa cifra versata dai cronisti all’imprenditore e a risarcirli anche delle spese processuali sostenute.

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