Nell’emergenza rifiuti in Campania l’Italia ha violato la Convenzione europea dei diritti dell’uomo

Una sentenza che non solo costa all’Italia una condanna per violazione del diritto al rispetto della vita priva e familiare e del diritto alla tutela giurisdizionale effettiva, ma che segna, per certi aspetti, una svolta nel riconoscimento del diritto all’ambiente nel quadro della giurisprudenza di Strasburgo. Per la prima volta, infatti, la Corte europea dei diritti dell’uomo, con la pronuncia depositata il 10 gennaio 2012 (ricorso n. 30765/08, Di Sarno e altri contro Italia, http://cmiskp.echr.coe.int/tkp197/view.asp?action=html&documentId=898100&portal=hbkm&source=externalbydocnumber&table=F69A27FD8FB86142BF01C1166DEA398649), ha accolto il ricorso di alcuni individui che lavoravano in una zona compromessa da un grave degrado ambientale, non richiedendo come condizione preliminare che gli stessi vivessero nella zona e ha ritenuto che la lesione del diritto si concretizza nei casi di danno ambientale che ha una portata tale da “compromettere il benessere dei ricorrenti”. Alla Corte europea si erano rivolti 18 cittadini che abitavano o lavoravano a Somma Vesuviana i quali sostenevano che, tra l’altro, l’emergenza rifiuti iniziata nel 1994, aveva leso il diritto al rispetto della vita privata e familiare (articolo 8) e il diritto alla tutela giurisdizionale effettiva (articolo 13) anche in ragione dei ritardi della macchina della giustizia. La Corte ha accolto il ricorso: i ricorrenti – osserva Strasburgo – sono stati costretti, per lunghissimo tempo, a vivere in un ambiente altamente inquinato, con l’immondizia ammucchiata per le strade e un evidente deterioramento della qualità della vita che ha coinvolto tutti, anche se non ci sono prove certe di un rapporto causa effetto tra inquinamento e incremento dei tumori nella zona.  Né lo Stato può essere esonerato perché affida a terzi lo smaltimento dei rifiuti: spetta, infatti, alle autorità nazionali adottare misure effettive per rendere concreto il diritto garantito dalla Convenzione. Respinta anche la debole difesa italiana: il Governo ha invocato l’esistenza di una causa di forza maggiore, ma la Corte, anche alla luce del progetto di articoli sulla responsabilità dello Stato approvato dalla Commissione del diritto internazionale nel 2001, ha escluso questa possibilità.

Stabilito che la vita in un ambiente inquinato procura un deterioramento della qualità di vita, che è compromessa anche in assenza di una prova di un grave pericolo per la salute degli interessati, la Corte ha condannato l’Italia anche per violazione dell’articolo 13 che assicura il diritto alla tutela giurisdizionale effettiva. Le vittime, infatti, non avevano rimedi idonei: il Governo non ha provato l’esistenza di sentenze interne che avrebbero potuto permettere alle vittime di ottenere un indennizzo, né di costituirsi parte civile nei procedimenti penali a carico dei responsabili. Assenti, poi, strumenti per garantire la rimozione della spazzatura dalle strade.

1 Risposta

Aggiungi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *