No all’immunità ai parlamentari se è compromesso il diritto di accesso alla giustizia

L’immunità concessa ai parlamentari non può bloccare il diritto di accesso alla giustizia. Lo dice la Corte europea dei diritti dell’uomo che, con la sentenza Onorato contro Italia del 24 maggio 2011, ha bocciato l’interpretazione estensiva dell’immunità parlamentare che, di frequente, in Italia si spinge fino a coprire ogni dichiarazione resa dai deputati anche al di fuori dall’esercizio delle proprie funzioni, con l’impossibilità per i soggetti che si ritengono diffamati di agire in giudizio (ricorso n. 26218/06, http://cmiskp.echr.coe.int/tkp197/view.asp?item=1&portal=hbkm&action=html&highlight=Onorato%20%7C%2026218/06&sessionid=72002185&skin=hudoc-en). Alla Corte europea si era rivolto un magistrato che aveva citato in giudizio per diffamazione il senatore Marcello Dell’Utri. Quest’ultimo in varie interviste a diversi giornali aveva accusato il magistrato, che aveva fatto parte del collegio giudicante che lo aveva condannato per reati di natura fiscale, di essere un magistrato militante. Sul piano interno l’azione per diffamazione si era arenata a causa dell’immunità parlamentare perché la giunta riteneva che le dichiarazioni erano coperte dall’immunità ai sensi dell’articolo 68 della Costituzione. Una tesi non condivisa dalla Corte europea. E’ vero – riconosce Strasburgo – che l’immunità serve a garantire la libertà di espressione dei parlamentari, ma a patto che non venga impedito il diritto di accesso alla giustizia. Nel caso in esame, le dichiarazioni erano estranee all’esercizio delle funzioni di parlamentare e quindi l’immunità così ampia risultava sproporzionata rispetto all’obiettivo conseguito. Di qui la condanna all’Italia per violazione dell’articolo 6 della Convenzione e la concessione di un indennizzo al ricorrente, per danni morali, pari a 8mila euro.

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