Per i giudici francesi l’inquinamento nel Paese di origine giustifica la concessione del permesso di soggiorno

L’inquinamento atmosferico nel Paese di origine deve essere valutato nel caso di richiesta di permesso di soggiorno presentata da uno straniero che, malato di asma, potrebbe subire un aggravamento della situazione una volta rientrato in patria. Lo ha scritto la Corte di appello di Bordeaux, seconda sezione, con una pronuncia depositata il 18 dicembre 2020 (N. 20BX02193 e n.  20BX02195, CAA de BORDEAUX,). A rivolgersi ai giudici francesi era stato il prefetto di Haute-Garonne il quale aveva respinto la richiesta di permesso di soggiorno presentata da un cittadino del Bangladesh che si trovava in Francia sin dal 2011 nonché la domanda di ricongiungimento familiare a vantaggio della moglie. L’uomo aveva impugnato il provvedimento e il Tribunale amministrativo di Tolosa gli aveva dato ragione. Il prefetto ha poi fatto ricorso alla Corte di appello. I giudici di Bordeaux, constatato che la domanda di asilo dell’uomo era stata respinta ma che il richiedente aveva ottenuto un permesso di soggiorno temporaneo anche a causa della sua grave patologia respiratoria, ha accertato che i problemi di salute si sarebbero aggravati se l’uomo fosse tornato nel suo Paese di origine e questo sia per la sua malattia, inclusa l’asma, tenendo conto che non avrebbe potuto avere i trattamenti medici disponibili in Francia, sia perché in Bangladesh c’è un alto tasso di polveri sottili che ne fanno uno dei Paesi più inquinati del mondo. Di qui la conferma di quanto statuito dai giudici di primo grado. Se non si può parlare di un riconoscimento dello status di rifugiato climatico, la pronuncia prende comunque in considerazione, seppure in forza del legame con la situazione di salute del richiedente, l’inquinamento atmosferico in Bangladesh.

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