La Corte Ue deve riesaminare la proprio giurisprudenza, affermata dal caso CILFIT in poi, sull’obbligo di rinvio pregiudiziale d’interpretazione a Lussemburgo da parte dei giudici di ultima istanza. Nelle conclusioni depositate il 15 aprile 2021, l’Avvocato generale Bobek chiede una revisione con particolare riguardo all’esenzione dall’obbligo di rinvio pregiudiziale per i giudici di ultima istanza (causa C-561/19, conclusioni). Ad avviso dell’Avvocato generale le tre condizioni che escludono l’obbligo di rinvio pregiudiziale ossia l’identità della fattispecie rispetto ad altra su cui si è già espressa la Corte Ue, l’esistenza di una giurisprudenza consolidata sul punto di diritto anche in assenza di identità della fattispecie e l’assenza di dubbi devono essere presenti cumulativamente. Non basta, quindi, un’unica condizione. E’ stato il Consiglio di Stato italiano a rivolgersi alla Corte Ue in relazione a una controversia nazionale che aveva al centro un appalto di servizi di pulizia in stazioni ferroviarie, per la quale i giudici amministrativi si erano già rivolti a Lussemburgo (causa C-152/17, C-152:17). Il nuovo rinvio riguarda, invece, l’interpretazione dell’articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea che stabilisce, tra l’altro, l’obbligo per i giudici di ultima istanza di adire la Corte in via pregiudiziale. Nella sentenza CILFIT, la Corte Ue aveva affermato la necessità di considerare con attenzione la finalità dell’obbligo di rinvio pregiudiziale, che è stato «istituit[o] al fine di garantire la corretta applicazione e l’interpretazione uniforme del diritto comunitario nell’insieme degli Stati membri (…) L’articolo 177, terzo comma, mira, più in particolare, ad evitare che si producano divergenze giurisprudenziali all’interno della Comunità su questioni di diritto comunitario. La portata di tale obbligo va pertanto valutata tenendo conto di tali finalità (…)”. Così, erano state individuate tre eccezioni all’obbligo di rinvio pregiudiziale dei giudici di ultima istanza.
Secondo l’Avvocato generale Bobek, però, la giurisprudenza successiva non si è sviluppata in modo chiaro perché, sebbene tutte le pronunce abbiano richiamato la sentenza CILFIT, “nessuna di esse ha applicato concretamente i cosiddetti criteri CILFIT”. Pertanto, a suo avviso, considerando che nei diversi procedimenti è stata la Corte stessa a valutare le specifiche eccezioni alla sentenza CILFIT, con particolare riguardo all’acte clair, non è stato chiarito se quelle eccezioni “avrebbero potuto essere validamente invocate o meno dal giudice del rinvio”. Questo porta l’Avvocato generale a ritenere che le differenze nella giurisprudenza delineata “giustifichino già, di per sé, l’intervento della (Grande Sezione della) Corte al fine di chiarire con precisione quale sia, attualmente, la portata dell’obbligo di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE e delle eventuali eccezioni a tale obbligo”. Per Bobek, l’applicazione della potenziale eccezione (o delle potenziali eccezioni) all’obbligo di rinvio pregiudiziale potrebbe essere invocata unicamente se “non è soddisfatta una delle tre condizioni cumulative affinché sussista una questione di interpretazione del diritto dell’Unione soggetta all’obbligo di rinvio pregiudiziale. Tuttavia, qualora un giudice nazionale di ultima istanza, pur se confrontato a una questione di interpretazione del diritto dell’Unione nel procedimento principale, dovesse ritenere che una delle tre condizioni non sia soddisfatta, tale giudice è tenuto a individuare chiaramente quale delle tre condizioni non sia soddisfatta e a indicare le ragioni per le quali ritiene che ciò si verifichi”. Di qui la conclusione in base alla quale l’articolo 267, terzo comma, TFUE, comporta che una giurisdizione nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno deve rinviare la causa alla Corte di giustizia, “sempre che, in primo luogo, tale causa sollevi una questione generale di interpretazione del diritto dell’Unione, che, in secondo luogo, possa essere ragionevolmente interpretata in più modi possibili e, in terzo luogo, l’interpretazione del diritto dell’Unione di cui trattasi non possa essere dedotta dalla giurisprudenza esistente della Corte. Siffatta giurisdizione nazionale dinanzi alla quale è sollevata una questione di interpretazione del diritto dell’Unione, nell’ipotesi in cui dovesse decidere di non proporre una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi di tale disposizione, è tenuta a fornire un’adeguata motivazione per spiegare quale delle tre condizioni non è soddisfatta e perché”.
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