Il primato del diritto Ue va garantito in modo effettivo e, di conseguenza, preclusioni procedimentali come il carattere chiuso del giudizio di cassazione non possono impedire l’effettiva applicazione delle direttive dell’Unione europea. E’ la Corte di Cassazione, sezione tributaria civile, a stabilirlo con la sentenza n. 2606/16 del 10 febbraio 2016 (1_2606_2016). A rivolgersi alla Suprema Corte, l’Agenzia delle entrate che aveva impugnato la sentenza della Commissione tributaria regionale di Milano secondo la quale il mancato versamento di alcune rate per un condono non comporta la perdita dei benefici fiscali, con la conseguenza che non possono scattare le sanzioni per omesso o ritardato pagamento. Una tesi non condivisa dalla Cassazione che ha annullato la pronuncia della Commissione tributaria. Nei casi in cui è in gioco un omesso versamento che riguarda il pagamento dell’iva, le misure di clemenza non possono essere applicate se riguardano l’area dei tributi armonizzati, secondo quanto stabilito dalla Corte Ue nella sentenza C-132/06 relativa alla VI direttiva n. 77/388. La rinuncia generale e indiscriminata all’accertamento delle operazioni imponibili – scrive la Corte – mina seriamente il corretto funzionamento del sistema comune in materia di iva fissato dal diritto dell’Unione. Questo vuol dire che l’applicazione di misure con carattere dissuasivo e repressivo è espressione diretta del corretto adempimento degli obblighi Ue. Di qui la decisione della disapplicazione dell’articolo 9 bis della legge n. 289 del 2002 che permette di definire una controversia evitando il pagamento di sanzioni connesse al ritardato o omesso versamento del tributo. Ad aderire a una diversa soluzione – osserva la Suprema Corte – si provocherebbe una rinuncia all’applicazione di sanzioni previste dal diritto dell’Unione. Sanzioni che, come più volte chiarito da Lussemburgo, devono produrre un effetto non solo repressivo, ma anche dissuasivo. In ultimo, la Cassazione precisa che il carattere preminente sul diritto interno delle norme Ue obbliga il giudice nazionale alla disapplicazione in ogni stato e grado del processo “senza che possano ostarvi preclusioni procedimentali o processuali, o – nella specie – il carattere chiuso del giudizio di cassazione”.
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