Procedimenti Consob: per l’Avvocato generale della Corte Ue il diritto al silenzio va garantito

Nei procedimenti dinanzi alla Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob), che sfociano in una sanzione sostanzialmente penale, il diritto al silenzio deve essere assicurato, garantendo la facoltà di non rispondere. È quanto sostiene l’Avvocato generale della Corte di giustizia dell’Unione europea Priit Pikamäe, nelle conclusioni depositate il 27 ottobre 2020 (C-481/19, consob) che, se confermate dalla Corte Ue, potrebbero cambiare il quadro sanzionatorio fissato dall’art. 187 del Testo unico sull’intermediazione finanziaria, nei casi di mancata cooperazione con le autorità di vigilanza. A sollevare la questione pregiudiziale d’interpretazione, è stata la Corte costituzionale italiana che, con l’ordinanza n. 117/2019, ha chiesto di chiarire se in base alle regole Ue (in particolare con riguardo a talune norme della direttiva n. 2003/6 relativa all’abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato e del regolamento n. 596/2014 sugli abusi di mercato) coloro che siano sospettati di market abuse abbiano diritto di non rispondere o se il diritto al silenzio valga solo nei procedimenti propriamente penali.

L’Avvocato generale è partito dal contenuto delle norme della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e, in particolare, dagli articoli 47 (equo processo) e 48 (presunzione d’innocenza) che assicurano, implicitamente, il diritto al silenzio. La direttiva n. 2003/6 e il regolamento n. 596/2014 impongono agli Stati di sanzionare l’utilizzazione illecita di informazioni privilegiate e la mancata collaborazione degli interessati nelle indagini delle autorità di vigilanza, ma chiarendo che ciò deve avvenire nel rispetto dei diritti fondamentali. L’Avvocato generale ha precisato che le sentenze pronunciate sinora dalla Corte Ue in materia di concorrenza hanno riguardato in particolare le persone giuridiche e non possono essere applicate per analogia ad altri contesti. Inoltre, con gli atti indicati l’Unione europea ha lasciato ampio potere discrezionale agli Stati in materia sanzionatoria e questo implica che una sanzione può essere esclusa in conseguenza del riconoscimento dei diritti fondamentali “che la Carta associa alle sanzioni aventi natura penale”.  La chiave di volta, però, è la clausola di omogeneità contenuta nell’articolo 52 della Carta dei diritti fondamentali in base al quale il significato e la portata dei diritti fissati nella Carta, che corrispondono a quelli della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, devono essere uguali a quelli assicurati da Strasburgo. E sul punto, la giurisprudenza della Corte europea è stata chiara perché per Strasburgo, in base all’articolo 6, il diritto al silenzio deve essere assicurato anche nei procedimenti amministrativi che conducono a sanzioni sostanzialmente penali. La Corte europea ha già chiarito che le sanzioni adottate in Italia per recepire la direttiva n. 2003/6 rientrano nel nucleo del diritto penale (sentenza Grande Stevens). Così, ad avviso dell’Avvocato generale, le norme Ue vanno interpretate assicurando il diritto a non autoaccusarsi anche nei procedimenti Consob.

 

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