Procedure d’insolvenza transfrontaliere: applicabile il regolamento Ue anche se il convenuto non ha il domicilio in uno Stato membro

Il giudice dello Stato sul cui territorio è aperta una procedura di insolvenza è competente per le azioni revocatorie anche se il convenuto non ha il domicilio in uno Stato membro. Per la prima volta, la Corte di giustizia Ue, con sentenza del 16 gennaio 2014 (C-328/12, Schmid) interviene sul regolamento Ue n. 1346/2000 relativo alle procedure d’insolvenza transfrontaliere e sulla sua applicazione nel caso di convenuto debitore con residenza in uno Stato terzo. La questione pregiudiziale arrivata a Lussemburgo è stata sottoposta dalla Corte di cassazione tedesca. Il curatore di una procedura d’insolvenza aperta in Germania aveva agito contro la debitrice residente in Svizzera chiedendo la restituzione di determinate somme. In primo e in secondo grado i giudici tedeschi si erano dichiarati incompetenti. Prima di pronunciarsi la Corte di cassazione ha chiamato in aiuto, sull’interpretazione dell’articolo 3 del regolamento, gli eurogiudici. La norma in esame – osserva la Corte – si limita a stabilire che sono competenti ad aprire una procedura d’insolvenza i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore, in questo caso in Germania. In via generale, inoltre, la norma non può dipendere, nella sua applicazione “dall’esistenza di un collegamento internazionale che implica un altro Stato membro”. Di conseguenza, il regolamento risulta applicabile anche nel caso in esame, in cui il convenuto interessato è stabilito in uno Stato terzo. In caso contrario sarebbe compromesso il principio di prevedibilità della competenza giurisdizionale in materia fallimentare che l’atto Ue intende raggiungere. Poco importa, poi, che potrebbero sorgere ostacoli al riconoscimento della pronuncia in uno Stato terzo, perché, in ogni caso, la sentenza “può essere riconosciuta ed eseguita dagli altri Stati membri a norma dell’articolo 25 del regolamento, segnatamente qualora una parte del patrimonio del suddetto convenuto si trovasse sul territorio di uno di tali Stati”.

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