Protezione sussidiaria e violenza domestica: indispensabile la valutazione del contesto e del trattamento delle donne nel Paese di origine

Il giudice chiamato a pronunciarsi sulla protezione internazionale deve svolgere un ruolo attivo “nella tutela delle possibili vittime della violenza di genere”. Di conseguenza, è tenuto a verificare se le autorità statali del Paese di origine abbiano contrastato le condotte di violenza o siano rimaste inerti in attuazione di consuetudini locali. È quanto ha sostenuto la Corte di cassazione, prima sezione civile, con l’ordinanza 6984 depositata il 15 marzo (ordinanza), con la quale è stato fornito un importante chiarimento sugli effetti della violenza domestica nell’iter per la concessione della protezione internazionale.

Una donna nigeriana aveva impugnato il decreto del Tribunale di Catanzaro con il quale era stata respinta la richiesta di protezione internazionale avanzata dalla donna vittima di violenza di genere e abusi sessuali, subiti in ambito domestico. La donna era arrivata in Libia, dove aveva subito altre violenze, e poi in Italia. La Commissione territoriale aveva respinto l’istanza, così come il Tribunale di Catanzaro. La Cassazione, con ordinanza n. 24219/2021, aveva cassato il provvedimento e chiesto di accertare l’incidenza degli atti di violenza domestica, ai sensi della Convenzione di Istanbul, sul godimento dei diritti umani fondamentali. Il Tribunale di Catanzaro aveva poi riconosciuto la protezione speciale, ma non quella sussidiaria. Di qui il nuovo ricorso in Cassazione che ha accolto l’istanza perché il Tribunale non ha valutato in modo corretto quanto affermato dalla stessa Corte circa la concessione della protezione sussidiaria, anche alla luce delle pronunce della Corte di giustizia dell’Unione europea (sentenza 16 gennaio 2024, causa C-621/21). Nei casi in cui una donna sostenga di essere vittima di violenza domestica, che conduce a una limitazione dei diritti umani fondamentali, anche laddove non si sia in presenza di atti persecutori, sussistono i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria ex art.14, lett. b, Dlgs 19 novembre 2007 n. 251. Vi è infatti il rischio effettivo di danno grave per trattamento inumano o degradante compiuto da un privato senza che lo Stato faccia nulla per impedire le violenze. Inoltre, vanno valutati i rapporti sul Paese di origine e, quindi, analizzata la situazione delle donne in Nigeria, accertamento che non era stato compiuto perché il Tribunale aveva “trascurato la tematica della condizione di donna sola in Nigeria”. Pertanto, per la Suprema Corte, il Tribunale è incorso in errori di diritto e ha disatteso le regole processuali che disciplinano il giudizio di rinvio. Un ulteriore aspetto sul quale la Cassazione ha espresso critiche è che non vi è stato l’essenziale inquadramento del contesto sociale e culturale, che era invece indispensabile e richiedeva l’assunzione di informazioni sul fenomeno della violenza domestica nel Paese di origine. La Cassazione ha così accolto il ricorso e rinviato nuovamente al Tribunale di Catanzaro in diversa composizione. 

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