Residenza abituale e divorzio transnazionale: interviene la Corte UE

È la corretta determinazione della residenza abituale nuovamente al centro dell’attività della Corte di giustizia dell’Unione europea. Con la sentenza depositata il 6 luglio (C-462/22, C-462:22) Lussemburgo ha precisato i criteri per individuare il giudice competente in casi di divorzio transnazionale ed evitare che vengano aggirate le norme del regolamento n. 2201/2003 sulla competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e sulla responsabilità genitoriale, sostituito dal n. 2019/1111. La controversia nazionale aveva al centro una coppia – marito tedesco e moglie polacca – sposatasi in Polonia, dove aveva vissuto con i figli fino al 2012. Nel 2013, l’uomo aveva chiesto il divorzio in Germania, sostenendo di aver lasciato il domicilio coniugale a giugno 2012, a vantaggio della residenza in Germania. I giudici tedeschi, però, si erano dichiarati incompetenti. La Corte federale di giustizia, prima di decidere, ha chiesto a Lussemburgo di chiarire la portata dell’articolo 3 del regolamento 2201/2003 in base al quale la competenza per decidere sulle questioni inerenti al divorzio è del giudice dello Stato membro in cui si trova la residenza abituale dei coniugi o, tra gli altri criteri, la residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per sei immediatamente prima della domanda ed è cittadino di quello Stato. L’indicata norma – osserva la Corte Ue – punta a un equilibrio tra la mobilità delle persone e la certezza del diritto. Per radicare la competenza è così necessario un collegamento effettivo “tra l’interessato e lo Stato membro i cui giudici sono competenti a statuire sullo scioglimento del vincolo matrimoniale”. Se il coniuge che chiede il divorzio intende avvalersi della residenza abituale diversa rispetto a quella comune, deve dimostrare non solo di avere la semplice residenza in quell’altro Stato, ma l’abitualità di tale residenza. Ai fini dell’abitualità, inoltre, non è sufficiente che siano decorsi sei mesi (se cittadino del nuovo Stato) perché l’aspetto temporale è un elemento necessario ma non sufficiente. Per la Corte di giustizia, infatti, in base al contesto della norma l’attore deve risiedere abitualmente nello Stato e deve fornire la prova di tale abitualità. La possibilità, infatti, di avvalersi del vantaggio del forum actoris è contemperata dall’obbligo di provare l’abitualità della residenza e, quindi, un collegamento effettivo con lo Stato membro. Solo così – osservano gli eurogiudici – è garantito l’obiettivo di prevedibilità, nonché di interpretazione e di applicazione uniformi che l’Unione vuole assicurare. In conclusione, la Corte afferma che non è sufficiente spostare la residenza da uno Stato membro all’altro per instaurare un procedimento di divorzio dinanzi al giudice del Paese della nuova residenza perché l’attore deve dimostrare un collegamento effettivo con il nuovo Stato di residenza. 

 

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