Con una sentenza che, almeno a prima vista, può non apparire sulla stessa scia di una protezione rafforzata a vantaggio dei giornalisti, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha chiarito i limiti alla pubblicazione di atti coperti da segreto istruttorio. Nella pronuncia Y. contro Svizzera (ricorso n. 22998/13, AFFAIRE Y c. SUISSE) Strasburgo, infatti, ha dato ragione allo Stato in causa ritenendo che la sanzione pecuniaria disposta contro un giornalista che aveva pubblicato atti coperti da segreto istruttorio non era incompatibile con l’articolo 10 della Convenzione che assicura la libertà di espressione, individuando, però, i parametri da rispettare per ottenere, nei casi di divulgazione di atti giudiziari, una tutela da Strasburgo. Ed invero, dalla pronuncia risulta chiara la posizione della Corte europea che non ritiene conforme alla Convenzione un divieto assoluto circa la pubblicazione di atti coperti da segreto laddove vi sia un interesse pubblico per la notizia, ma considera compatibile con il diritto convenzionale un intervento delle autorità nazionali che sanzionano la violazione del segreto istruttorio solo se manca l’interesse della collettività e se il giornalista compromette la privacy di vittime minorenni. Alla Corte europea si era rivolto il reporter di un settimanale svizzero che, in un articolo su un’inchiesta sulla pedofilia, aveva riprodotto passi relativi al fascicolo processuale relativi al ricorso del pubblico ministero contro la decisione del giudice istruttore che aveva deciso la scarcerazione. Di qui l’apertura di un’azione penale che aveva condotto alla condanna del giornalista al pagamento di una sanzione pecuniaria pari a 3.850 euro. Strasburgo ha ripreso i parametri utilizzati nella sentenza della Grande Camera del 29 marzo 2016 Bédat contro Svizzzera (n. 56925/08) per stabilire se l’ingerenza delle autorità nazionali era legittima. Pertanto, i giudici internazionali hanno preso in considerazione le modalità con le quali il giornalista ha ottenuto le informazioni, il tenore dell’articolo, il contributo a un dibattito di interesse generale, l’influenza dell’articolo sullo svolgimento del procedimento penale, la violazione della vita privata dell’indagato o di una delle parti al procedimento (parametro aggiunto nella sentenza Y. contro Svizzera) e la proporzionalità della sanzione. Ed invero, nel caso di specie il giornalista non aveva acquisito gli atti illegalmente perché consegnati dal genitore di una vittima, ma li aveva pubblicati sapendo di commettere un reato. Ma la giustificazione della condanna disposta nei confronti del giornalista deriva dal fatto che il reporter aveva divulgato troppi dettagli inutili, non necessari a soddisfare alcun interesse pubblico, puntando al sensazionalismo e suggerendo la colpevolezza del soggetto coinvolto nelle indagini. Inoltre, l’indagato non era un personaggio conosciuto al grande pubblico. Questo vuol dire la Corte non legittima alcun divieto assoluto di pubblicazione di atti coperti da segreto istruttorio, ma ritiene compatibile la restrizione alla libertà di stampa nei casi in cui sono diffuse informazioni dettagliate non necessarie a un dibattito pubblico sul funzionamento della giustizia o su eventuali omissioni commesse nel corso delle indagini. “Né le numerose informazioni dettagliate sugli atti dei quali l’indagato era accusato, né gli estratti delle dichiarazioni della vittima dinanzi alla polizia – osserva la Corte europea – erano suscettibili di animare un dibattito pubblico sul funzionamento della giustizia”. A ciò si aggiunga che erano stati forniti troppi dettagli tratti dal fascicolo d’indagine che potevano condurre a un’identificazione delle vittime minorenni. Sul punto, la Corte europea ritiene che il giornalista avrebbe dovuto applicare e rispettare gli obblighi deontologici che non vengono meno anche se il familiare di una delle vittime fornisce particolari. Di conseguenza, il fatto che non è stato tenuto in conto l’interesse e la tutela del minore porta la Corte a non proteggere il giornalista nella divulgazione di atti coperti da segreto. A ciò si aggiunga che, sul fronte delle sanzioni comminate, esse non erano particolarmente gravose e, quindi, non erano in grado di avere un effetto dissuasivo né sul giornalista colpito dalla sanzione né su altri reporter che intendono informare la collettività sui procedimenti penali in corso.
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