Sentenza CEDU su sport, collegio arbitrale e diritti umani – Football disputes, Arbitration Committee and Human Rights: ECHR judgment against Turkey

Il collegio arbitrale istituito dalla Federazione di calcio turca non rispetta le condizioni di indipendenza richieste dall’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che assicura l’equità del processo. Di conseguenza, le controversie tra giocatori professionisti e club non possono essere risolte attraverso questo collegio, che deve essere riformato. E’ quanto ha stabilito la Corte europea dei diritti dell’uomo con la sentenza Ali Riza e altri contro Turchia (ricorso n. 30226/10) depositata il 28 gennaio con la quale Ankara è stata condannata per violazione dell’articolo 6, paragrafo 1 perché il collegio arbitrale in esame non era indipendente e imparziale (CASE OF ALI RIZA AND OTHERS v. TURKEY). La vicenda ha avuto origine da una società di calcio che aveva citato alcuni giocatori dinanzi al collegio arbitrale della Federazione di calcio turca a causa di violazioni del contratto di lavoro. I calciatori citati, dal canto loro, rivendicavano il mancato pagamento degli arretrati. Il collegio arbitrale, al quale si era rivolto il giocatore poi ricorrente a Strasburgo, gli aveva dato torto condannandolo al pagamento di un’ammenda pari a 61.596 euro. Il calciatore aveva impugnato la decisione dinanzi al Tribunale arbitrale sportivo con sede in Svizzera che, però, si era dichiarato incompetente. Per quanto riguarda il ricorso dei giocatori dilettanti che erano stati destinatari di un provvedimento disciplinare di sospensione dall’attività in quanto accusati di aver influenzato i risultati di alcune partite, la Corte europea ha dichiarato i ricorsi irricevibili ritenendo che la questione era collegata a un’infrazione disciplinare e non a un procedimento penale o civile ai sensi dell’articolo 6 della Convenzione che, quindi, non era applicabile.

Per quanto riguarda invece il ricorso del giocatore professionista, la Corte ha accertato che i membri del Collegio arbitrale (istituito in base a una legge) non godevano del requisito dell’indipendenza come inteso dalla Corte stessa in quanto, tra l’altro, non mostravano garanzie adeguate rispetto alle pressioni esterne e, in particolare, da parte del Consiglio di amministrazione della Federazione di calcio turca che decideva sull’organizzazione e sul funzionamento del collegio arbitrale. Inoltre, i membri del collegio, giuristi e docenti specializzati nel diritto sportivo, nominati dal Consiglio di amministrazione su indicazione del Presidente della Federazione di calcio, non erano tenuti a rispettare regole deontologiche specifiche o a fare una dichiarazione solenne prima di assumere le funzioni. In base al regolamento della Federazione turca, i componenti non avevano un mandato di durata fissa e la loro attività era allineata a quella del Consiglio di amministrazione. Ora, poiché la nomina era effettuata dal Consiglio di amministrazione, a sua volta costituito da rappresentanti dei club e la controversia riguardava una società di calcio e un giocatore professionista, è evidente che non è stato rispettato l’articolo 6 sotto il profilo dell’indipendenza e dell’imparzialità dell’organo giurisdizionale.

Nel constatare la violazione, la Corte europea ha indicato alla Turchia misure di carattere generale ai sensi dell’articolo 46 della Convenzione, perché il sistema che regola le controversie nel mondo del calcio ha mostrato problemi strutturali, rendendo necessaria l’adozione di una modifica della costituzione e del funzionamento della commissione arbitrale.

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