Sì all’espulsione anche se la sentenza per apologia di terrorismo non è passata in giudicato

La decisione di procedere all’espulsione di una cittadina libica che ha presentato una domanda di protezione internazionale non viola la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Così, è stato respinto, con sentenza n. 5582/18 depositata l’8 marzo dalla Corte di cassazione, sezione sesta civile – 1, il ricorso di una donna la quale riteneva che il Tribunale di Roma non avesse valutato l’incidenza del provvedimento di trattenimento sulla Convenzione europea (5582). Questi i fatti. A seguito di un provvedimento di espulsione la donna era stata trasferita presso il Centro di permanenza per i rimpatri. Tuttavia, la cittadina libica aveva presentato una domanda di protezione internazionale che era stata respinta dalla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Roma. La vicenda è poi approdata in Cassazione che ha respinto il ricorso della donna. Nessuna violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo – scrive la Suprema Corte – tanto più che il Tribunale di Roma ha motivato in modo articolato il provvedimento di convalida del trattenimento in ragione delle esigenze di tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico. La donna era stata condannata per apologia di reato e istigazione a commettere reati di terrorismo, situazione che, anche quando la sentenza non è passata in giudicato, “è ostativa al riconoscimento della protezione internazionale ai sensi dell’art. 10 comma 2 lett c) del decreto legislativo n. 251/2007”. La convalida, quindi, era basata non solo sulla misura di prevenzione, ma anche su una condanna per un reato indicativo della pericolosità della ricorrente. Giusto, così, il provvedimento di espulsione.

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