Sottrazione internazionale: giusto impedire il trasferimento, seppure di poca distanza, del minore

La Corte europea dei diritti dell’uomo è intervenuta nuovamente, con la sentenza Rouiller contro Svizzera del 22 luglio 2014 (ricorso n. 3592/08, AFFAIRE ROUILLER c. SUISSE), sulla sottrazione internazionale dei minori e, in particolare, sul rapporto tra Convenzione dell’Aja sulla sottrazione internazionale dei minori del 25 ottobre 1980 e l’articolo 8 della CEDU che assicura il diritto al rispetto della vita privata e familiare. E lo ha fatto stabilendo che un trasferimento del minore, seppure di pochi chilometri ma comunque oltre confine rispetto alla residenza abituale, costituisce un caso di sottrazione comportando conseguenze sui bambini e su uno dei genitori.

Il ricorso contro la Svizzera era stato presentato da una cittadina elvetica che, accusata di sottrazione internazionale di minori, contestava la decisione dei tribunali nazionali che, in appello e in  ultimo grado, avevano ordinato alla donna di far rientrare i minori in Francia. La donna era stata sposata con un cittadino francese dal quale aveva avuto due figli. La coppia viveva in Francia, a sette chilometri dal confine svizzero. Con la decisione che sanciva il divorzio, i giudici avevano deciso l’affido condiviso, affidando i minori alla madre e consentendo il diritto di accesso al padre. Entrambi i genitori contestavano la decisione. La donna si era poi trasferita in Svizzera. Di qui la denuncia dell’ex marito ai quali, in ultimo, i giudici nazionali hanno dato ragione. La donna si è così rivolta a Strasburgo sostenendo che vi era stata una violazione dell’articolo 8 sul diritto al rispetto della vita privata e familiare. La Corte europea non ha ritenuto fondato il ricorso. E’ vero che lo spostamento da un  luogo di residenza all’altro era stato minimo (di soli 7 chilometri),  ma non era stato privo di conseguenze per il diritto di accesso del padre. Non solo. Anche tenendo conto delle dichiarazioni di un figlio che voleva tornare in Francia, non si può sostenere che il trasferimento non avesse inciso negativamente sui bambini i quali, d’altra parte, senza lo spostamento di residenza, sarebbero stati scolarizzati in Svizzera in un ambiente culturale e sociale diverso rispetto a quello francese. Inoltre, come chiarito in diverse occasioni, l’interesse superiore del minore non può essere valutato solo sulla base delle dichiarazioni di minori. Bene hanno fatto, quindi, i giudici nazionali a considerare illecito il trasferimento agendo nel pieno rispetto dell’articolo 8 della Convenzione visto che hanno preso in debita considerazione le ragioni della donna.

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