Traduzione e custodia cautelare: chiarimenti dalla Cassazione

La mancata traduzione dell’ordinanza di custodia cautelare non comporta la nullità del provvedimento. Ciò che conta, infatti, è che, in linea con il Dlgs n. 101/2014 che ha recepito la direttiva 2012/13 sul diritto all’informazione nei procedimenti penali, si consenta al destinatario di esercitare il diritto di difesa. E’ così del tutto compatibile con tale diritto  la previsione della restituzione del termine piuttosto che l’annullamento del provvedimento. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, prima sezione penale, con la sentenza n. 6623/16 depositata il 18 febbraio (2_6623_2016) con la quale è stato respinto il ricorso del conducente di un gommone intercettato in acque internazionali da una nave della marina militare tedesca e condotto a Catania. La sua richiesta di riesame della custodia cautelare in carcere per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina era stata respinta. La Cassazione, confermata l’esistenza della giurisdizione italiana, condivide la posizione del Tribunale di Catania che aveva respinto l’eccezione di nullità dell’ordinanza di custodia cautelare per omessa traduzione in lingua inglese. L’uomo – osserva la Corte – aveva compreso il contenuto e si era avvalso di un interprete. Non solo. Il gip aveva ordinato la traduzione dell’istanza cautelare. E’ vero che la traduzione non era stata depositata nei termini, ma l’articolo 143 c.p.p. non contiene una sanzione processuale se è stata omessa l’obbligatoria traduzione limitandosi, anche in linea con la direttiva 2010/64 sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali, recepita con Dlgs 32/2014, a restituire i termini. D’altra parte ciò che conta, conformemente alla direttiva 2012/13, è che al destinatario del provvedimento sia garantito l’esercizio del diritto di difesa, cosa che era avvenuta.

Si veda il post http://www.marinacastellaneta.it/blog/per-le-traduzioni-delle-ordinanze-sulle-misure-cautelari-unintepretazione-secondo-il-diritto-ue.html.

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