Valutazione d’insieme per stabilire la durata eccessiva dei processi

La durata ragionevole del processo non può essere stabilita secondo un giudizio rigido e predeterminato ma, per rispettare l’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo come interpretato dalla Corte di Strasburgo, è necessario effettuare una valutazione globale del procedimento, tenendo conto della complessità del caso dovuta alla contemporanea azione disciplinare rispetto a un procedimento penale in corso. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, sezione prima civile, alle prese con una questione relativa all’applicazione della legge Pinto, decisa con sentenza del 4 luglio 2011 (n. 14534/11, durata del processo). Per la Suprema Corte, che ha respinto il ricorso di un magistrato che aveva impugnato la pronuncia della Corte d’appello relativa alla sua istanza di equa riparazione poiché i giudici di appello avevano sostenuto la congruità delle fasi del procedimento disciplinare, respingendo l’indennizzo, per stabilire la durata ragionevole del processo è indispensabile effettuare una valutazione d’insieme, prendendo in considerazione la complessità della fattispecie, il comportamento delle parti e del giudice. Esclusa, quindi, una valutazione analitica, circostanza che porta la Suprema Corte a ritenere che, nel caso di specie, l’azione disciplinare aveva concorso a determinare una maggiore complessità del caso e quindi aveva giustificato tempi più lunghi.

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