Sulle intercettazioni a giornalisti e avvocati il Governo italiano è tenuto a fornire le proprie osservazioni alla Corte europea dei diritti dell’uomo che ha comunicato all’Italia il 29 aprile il ricorso presentato dalla giornalista Nancy Porsia e dalle avvocate Serena Romano e Alessandra Ballerini (ROMANO c. ITALIE). I fatti all’origine del ricorso n. 37955/21 hanno al centro le intercettazioni nei confronti di una giornalista, non indagata, nell’ambito di un’inchiesta relativa all’immigrazione clandestina su alcuni componenti di un’organizzazione non governativa impegnata nel salvataggio in mare. La giornalista, in contatto con alcuni membri della ONG in quanto impegnata nella sua attività professionale di reporter, era stata intercettata finanche quando era a colloquio con due avvocate. Pertanto, venuta in possesso delle intercettazioni, aveva constatato di essere stata intercettata e ha così presentato il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo ritenendo violato l’articolo 10 della Convenzione che assicura la libertà di espressione, nonché, con riguardo anche alle due avvocate, gli articoli 8 (diritto al rispetto della vita privata) e 13 (diritto alla tutela giurisdizionale effettiva).
In questa prima fase, la Corte ha chiesto all’Italia di chiarire se, nel caso del ricorso della giornalista, l’ingerenza nella libertà di stampa conseguenza delle intercettazioni che minano la segretezza delle fonti era prevista dalla legge e necessaria in una società democratica considerando che era stato compromesso il diritto di ricevere informazioni. Inoltre, con riguardo alle tre ricorrenti l’Italia deve rispondere della possibile violazione dell’articolo 8 anche tenendo conto della circostanza che le ricorrenti non erano indagate e parti in un procedimento penale e, quindi non avevano uno strumento per contestare la legittimità e la necessità della misura presa nei loro confronti (articolo 13).
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