Crimini di guerra e anche crimini contro l’umanità. Sono queste le accuse formulate dal Procuratore della Corte penale internazionale Karim Khan nei confronti del Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e del Ministro della difesa Yoav Gallant che hanno portato alla richiesta alla Pre-trial Chamber della Corte dell’Aja di emissione di un mandato di arresto nei loro confronti (qui la dichiarazione del 20 maggio Statement of ICC Prosecutor Karim A.A. Khan KC_ Applications for arrest warrants in the situation in the State of Palestine _ International Criminal Court). Stesse accuse e stessa richiesta di arresto anche per il capo di Hamas, Yahya Sinwar, del comandante dell’area militare Mohammed Deif e di un altro esponente dell’ala politica. Sulla richiesta della Procura si pronuncerà la Pre-Trial Chamber probabilmente entro un mese. Israele non ha ratificato lo Statuto della Corte penale internazionale, ma la competenza della Corte è fondata sull’adesione della Palestina, avvenuta nel 2015. L’Ufficio del Procuratore aveva già un fascicolo aperto: proprio per l’adesione della Palestina la Corte può indagare su crimini commessi da cittadini palestinesi anche in Stati non parti come Israele (di qui la competenza per la strage commessa da Hamas sul territorio israeliano il 7 ottobre) e su crimini commessi sul territorio palestinese anche da cittadini di Stati non vincolati dallo Statuto (quindi da cittadini israeliani). Di qui la giurisdizione e il fondamento giuridico della richiesta dei mandati di arresto che adesso passano nella competenza della Pre-Trial Chamber. Se fosse emesso il mandato di arresto nei confronti del Premier israeliano, Netanyahu, qualora quest’ultimo si recasse in un Paese che ha ratificato lo Statuto della Corte, dovrebbe essere arrestato perché non godrebbe di alcuna immunità che, invece, resterebbe per i Paesi non parti allo Statuto come gli Stati Uniti e la Russia. La Palestina, dal canto suo, in quanto parte allo Statuto, sarebbe tenuta ad arrestare i leader di Hamas.
Per quanto riguarda i crimini contestati e che giustificano la richiesta dei mandati di arresto, il Procuratore, che si è avvalso di esperti di diritto internazionale penale per le indagini, ai quali è stata richiesta una valutazione delle prove raccolte dalla Procura (240520-panel-report-eng), ha evidenziato che vi sono motivi ragionevoli per ritenere che Netanyahu e Gallant abbiano una responsabilità penale individuale per crimini commessi nella Striscia di Gaza a partire “almeno dall’8 ottobre 2023”. Oltre omicidi, gravi sofferenze, persecuzione, trattamenti crudeli, attacchi intenzionali contro la popolazione civile, l’accusa contesta anche la cosiddetta “starvation”, ossia l’atto di affamare deliberatamente la popolazione civile, sia come crimine di guerra sia come crimine contro l’umanità. In particolare, i crimini contro l’umanità si inseriscono in un contesto di un attacco ampio e sistematico contro la popolazione civile palestinese che, secondo la valutazione della Procura, continua ancora oggi. Il Procuratore ha chiarito che la richiesta arriva sulla base delle prove raccolte che vanno dagli interrogatori ai sopravvissuti e ai testimoni oculari, a materiale audio e video, immagini satellitari e dichiarazioni dei leader che mostrano che “Israele ha intenzionalmente e sistematicamente privato la popolazione civile nell’intera Gaza di ciò che è necessario per la sopravvivenza”. I leader israeliani sono accusati sia come co-autori dei crimini sia in quanto hanno dato ordini per la commissione dei crimini oggetto del mandato di arresto. Certo, scrive la Procura, Israele ha il diritto di difendersi, ma nel rispetto del diritto internazionale umanitario. Per quanto riguarda le accuse nei confronti dei militanti di Hamas, la Procura contesta, tra gli altri, lo sterminio, la tortura, gli stupri e altri atti di violenza sessuale sia come crimini di guerra sia come crimini contro l’umanità.
Il Procuratore ha chiesto l’immediato rilascio degli ostaggi e ha sottolineato che i tentativi di ostacolare, intimidire o influenzare impropriamente i funzionari della Corte devono cessare immediatamente. In caso contrario, Khan è pronto ad avvalersi dell’articolo 70 dello Statuto della Corte penale internazionale che attribuisce alla Corte una competenza anche per crimini contro l’amministrazione della giustizia.
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