Diritto al nome: nel segno della CEDU la Cassazione sdogana Andrea per le donne

Il diritto al nome è un diritto fondamentale della persona e i genitori sono liberi di scegliere anche nome stranieri a patto che non ledano la dignità personale. E’ quanto stabilito dalla Corte di Cassazione che, con sentenza n. 20385/12 (prima sezione civile, Sentenza 20 novembre 2012), ha dato il via libera all’utilizzo del nome Andrea anche per le bimbe. L’azione ha preso il via dal ricorso proposto da due genitori che avevano scelto per la propria bimba il nome Andrea: il pubblico ministero aveva chiesto la rettifica dell’atto di stato civile e sia il Tribunale sia la Corte di appello di Firenze avevano disposto il cambiamento con il nome Giulia Andrea. Di qui il ricorso in Cassazione che ha dato ragione ai ricorrenti. Questo perché, ad avviso della Suprema Corte, in base alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo il diritto a scegliere il nome rientra nell’ambito dell’articolo 8 della Convenzione sui diritti dell’uomo che assicura il diritto al rispetto della vita privata e familiare. Già in passato Strasburgo ha riconosciuto, con riguardo alla Finlandia, che il rifiuto delle autorità finlandesi di consentire ai genitori la scelta di un premone non di origine finlandese fosse una violazione dell’articolo 8. Senza dimenticare che anche l’articolo 34 del dPR n. 396/2000 consente ai cittadini italiani di scegliere nomi stranieri. In molti Paesi europei ed extraeuropei il nome Andrea è utilizzato sia per uomini che per donne. Giusto, quindi, permetterne l’utilizzo biunivoco anche in Italia.

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