Giurisdizione italiana e atti di pirateria secondo la Corte di Cassazione

Confermata, dalla Corte di Cassazione, terza sezione penale, con sentenza n. 7449/24 depositata il 20 febbraio 2024 (7449), la giurisdizione del giudice italiano nel caso di depredazione, da parte di un cittadino tunisino e di altri membri dell’equipaggio a bordo di un motopeschereccio tunisino, nei confronti di migranti che si trovavano su un barchino che si stava dirigendo verso l’Italia. Il Tribunale di Palermo aveva respinto la richiesta di riesame dell’ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Agrigento con la quale era stata disposta la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti dell’indagato. A quest’ultimo era stata contestata la violazione dell’articolo 1135 del codice della navigazione (che si occupa della pirateria), dell’articolo 110 del codice penale (concorso nel reato) e dell’articolo 101 della Convenzione di Montego Bay sul diritto del mare, ratificata dall’Italia con legge 2 dicembre 1994 n. 689. Tale articolo definisce la pirateria come “any illegal acts of violence or detention, or any act of depredation”, termine che è stato erroneamente tradotto in italiano con “rapina” (così la stessa Corte di Cassazione, terza sezione penale, con la sentenza n. 51442 depositata il 27 dicembre 2023. Si veda il post http://www.marinacastellaneta.it/blog/pirateria-e-giurisdizione-universale-si-alla-competenza-del-giudice-italiano.html).

L’uomo aveva impugnato la decisione del Tribunale di Palermo, ma il ricorso è stato dichiarato inammissibile. La Cassazione, precisato che il provvedimento del Tribunale di Palermo era stato adeguatamente motivato anche con riferimento alla commissione di atti che rientrano nell’articolo 1135 del codice penale (atti di depredazione) e nell’articolo 101 della Convenzione di Montego Bay (atti di violenza o rapina), ha fondato la giurisdizione italiana sulla base dell’articolo 7 del codice penale (reati commessi all’estero) proprio perché gli atti commessi rientravano nella pirateria. Gli indagati, infatti, approfittando dello stato di necessità dei migranti e facendo credere di essere pronti a soccorrerli, avevano avvicinato l’imbarcazione e, dopo essersi impossessati dell’unico motore, li avevano abbandonati in alto mare. Per essere trainati, i migranti erano stati costretti a consegnare del denaro. Alla luce di questi fatti, la Cassazione ha considerato che la qualificazione della fattispecie era stata corretta.

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