Il mancato rinvio pregiudiziale non rientra tra i motivi di ordine pubblico che possono impedire la circolazione delle sentenze

Sì all’esecuzione in Italia di una sentenza pronunciata in Danimarca. La Corte di Cassazione, I sezione civile, con sentenza n. 6723 depositata il 7 marzo (ordine pubblico) ha respinto il ricorso di una società italiana che aveva impiegato dei lavoratori in un cantiere danese, a seguito dell’aggiudicazione di una commessa per lo svolgimento di lavori edili  in una raffineria. Alcune associazioni sindacali avevano contestato all’azienda il mancato versamento di contributi previdenziali e il tribunale del lavoro danese aveva condannato l’azienda a una pena pecuniaria pari a 1.900.000,00 euro. Il Tribunale di Siracusa aveva accolto la domanda dell’azienda di non riconoscimento nello Stato italiano della sentenza per contrarietà all’ordine pubblico, mentre la Corte di appello aveva ribaltato il verdetto e dato il via libera al riconoscimento. Di qui il ricorso in Cassazione che ha respinto l’azione dell’azienda. Prima di tutto, la Suprema Corte ha esaminato la questione dell’applicabilità dell’articolo 45 del regolamento n. 1215/2012 sulla competenza giurisdizionale, l’esecuzione e il riconoscimento delle decisioni in materia civile e commerciale, in base al quale il riconoscimento e l’esecuzione (art. 46) deve essere negato se “manifestamente contrario all’ordine pubblico nello Stato membro richiesto”, precisando che i motivi individuati nella norma devono essere interpretati in modo restrittivo, “con onere della prova della parte che li invoca”. Delineati i tratti della nozione di ordine pubblico, la Corte di Cassazione ha specificato che, nel caso di specie, non era stato violato il principio di terzietà ed indipendenza del giudice del lavoro danese, sostenuta nel ricorso in ragione della sola circostanza che i sindacati danesi potevano designare alcuni membri del tribunale. Il parametro dell’ordine pubblico – precisa la Cassazione – “non è, in tal caso, quello dell’ordine pubblico interno, ma quello dell’ordine pubblico internazionale” e, in aggiunta, va considerato che in diversi ordinamenti, in materie specialistiche, è prevista la presenza di giudici designati dal ministero o da altri organi. Né può la Corte indagare su carenze generali di sistema dell’ordinamento danese che, per di più, è quello di uno Stato membro dell’Unione europea. Irrilevante, inoltre, la circostanza che il giudice danese non abbia dato seguito alla richiesta dell’azienda italiana su un possibile rinvio pregiudiziale d’interpretazione alla Corte UE anche perché il diniego è stato motivato dal tribunale danese. Inoltre, il giudice italiano, quale giudice ad quem dello Stato membro richiesto dell’esecuzione, “non può, in ambito di art. 45, lett. a) Reg.1215/2012 e di verifica della manifesta contrarietà dell’atto all’ordine pubblico, anche inteso come ordine pubblico processuale, sindacare il mancato rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia su questioni interpretative attinenti strettamente al merito della controversia”, poiché tale esame è di competenza del giudice danese. In ultimo, sono stati dichiarati inammissibili altri motivi di ricorso tra i quali quello secondo il quale  la sanzione inflitta aveva natura sostanzialmente penale secondo i criteri fissati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nel caso Engel. Per quanto riguarda i danni punitivi, ricostruiti i precedenti casi dei quali la Cassazione si è già occupata, la Suprema Corte ha evidenziato che, anche laddove si possa ritenere che la pronuncia si concretizzi in una condanna a danni punitivi, essa risponde ai criteri enucleati dalle Sezioni Unite nel 2017, della tipicità, essendo prevista da una fonte normativa riconoscibile…quale interpretata, in relazione ai criteri di quantificazione, dalla giurisprudenza del tribunale del lavoro danese…,della prevedibilità….e della proporzionalità”. La Cassazione, così, ha respinto il ricorso dell’azienda, condannandola anche al pagamento delle spese processuali e ha dato il via libera all’esecuzione della pronuncia resa dai giudici danesi.

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