Istanza di prelievo bocciata a Strasburgo

Gli oneri di carattere procedurale, inclusa l’istanza di prelievo, che non servono ad accelerare in modo effettivo e certo lo svolgimento del processo interno sono contrari all’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che assicura la durata ragionevole del processo. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza Olivieri e altri, depositata il 25 febbraio (AFFAIRE OLIVIERI ET AUTRES c-1. ITALIE), con la quale l’Italia è stata condannata non solo per violazione dell’articolo 6 della Convenzione, ma anche per l’articolo 13 che garantisce il diritto alla tutela giurisdizionale effettiva. A rivolgersi a Strasburgo alcuni impiegati di un comune che avevano chiesto, nel 1990, al tribunale amministrativo regionale della Campania una correzione nel calcolo degli anni di servizio. Nel 2008 il Tar aveva chiesto ai ricorrenti di presentare una nuova domanda di fissazione dell’udienza. Al tempo stesso le parti, senza dubbio vittime di un processo troppo lungo, avevano presentato un ricorso per ottenere un indennizzo in base alla legge n. 89/2001 (c.d. legge Pinto). Tuttavia, poiché non avevano depositato l’istanza di prelievo, la richiesta era stata dichiarata irrecevibile, conclusione confermata in cassazione. Di qui l’azione a Strasburgo che ha dato ragione ai ricorrenti. Nessun dubbio circa la violazione dell’articolo 6 tenendo conto che il procedimento amministrativo è durato 18 anni. Per quanto riguarda la legge Pinto e le condizioni di ricevibilità inserite con la legge n. 133 del 2008, la Corte constata che, in materia di procedimenti amministrativi, il Presidente del Tar, a seguito della domanda di fissazione d’urgenza (istanza di prelievo), ha una semplice facoltà di fissare la data. Non solo. Per la Corte, la legislazione nazionale non ha stabilito criteri specifici per rigettare o accogliere le domande. Respinta poi la tesi del Governo  secondo il quale il sistema italiano funzionale all’accelerazione del processo amministrativo sarebbe analogo a quello utilizzato in altri Stati. Non solo l’Italia non ha fornito esempi, ma anche a guardare la durata dei procedimenti amministrativi dopo la presentazione dell’istanza di prelievo si evince che non si sono verificate accelerazioni in ogni situazione. Di qui la conclusione che l’istanza di prelievo non ha un effetto significativo sulla durata del procedimento. Classificato il meccanismo come aleatorio, tenendo conto che i ricorrenti già vittime di processi lunghi sono gravati da ulteriori oneri e che la domanda ex lege Pinto è automaticamente respinta per la mancanza dell’istanza di prelievo, Strasburgo ha condannato l’Italia. Mancano – scrive la Corte –  malgrado alcune modifiche legislative, rimedi effettivi per la durata eccessiva dei processi amministrativi. A ciascuno dei 9 ricorrenti, la Corte ha concesso un indennizzo per i danni non patrimoniali pari a 22mila euro.

Va segnalato che la pronuncia ha particolare rilievo perché apre la strada ad analoghe bocciature per rimedi simili alcuni dei quali introdotti nella legge di stabilità 2016 (legge 28 dicembre 2015 n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”). In pratica, quindi, pur riguardando il caso di specie, la sentenza è destinata ad avere effetti sulla politica legislativa italiana in tutti i casi in cui le condizioni preliminari all’attivazione della legge Pinto non abbiano alcun effetto utile ai fini dell’accelerazione dei processi, traducendosi, invece, in un ulteriore onere su chi è già leso dai procedimenti interni di durata irragionevole.

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