La domanda di rimpatrio in caso di sottrazione internazionale non può essere accolta se il minore esprime la volontà contraria di tornare dal genitore con il quale viveva prima della sottrazione. È la Corte di Cassazione, prima sezione civile, ad affermarlo con l’ordinanza n. 24883 depositata il 17 settembre (24883) con la quale ha respinto il ricorso di una madre, cittadina moldava, che aveva chiesto il rientro dei due figli condotti dal padre, moldavo, in Italia per una vacanza al termine della quale non era più rientrato in patria non consegnando così i figli alla ex moglie alla quale erano stati affidati al momento del divorzio.
La Cassazione ha condiviso la decisione del Tribunale per i minorenni di Venezia che, in linea con la Convenzione dell’Aja sulla sottrazione internazionale dei minori del 25 ottobre 1980 (ratificata dall’Italia con legge 15 gennaio 1994 n. 64), aveva deciso di non procedere al rimpatrio dopo aver sentito i minori i quali avevano dichiarato di non voler tornare in Moldova perché avevano subito dei maltrattamenti da parte del nuovo coniuge della madre. Nei casi di sottrazione internazionale di minori, per assicurare l’effettiva realizzazione dell’interesse superiore del minore, deve essere sempre valutata la volontà contraria al rientro espressa dai figli. Se questi ultimi hanno capacità di discernimento e risulta chiara la volontà ostativa al rientro, il tribunale non può opporre “una valutazione alternativa della relazione con il genitore con il quale il predetto minore dovrebbe vivere in esito al rientro” proprio perché “l’opinione del minore è sicuramente funzionale al perseguimento del suo stesso preminente interesse, proprio in relazione alla protezione ad esso fornita dall’art. 24, par. 2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali Ue e dall’art. 8 CEDU”. Inoltre, ricorda la Cassazione, la stessa Corte europea dei diritti dell’uomo ha precisato che il rimpatrio automatico è incompatibile con il diritto al rispetto della vita privata e familiare, richiedendo una valutazione specifica della situazione. Nel caso in esame – osserva la Cassazione – il Tribunale per i minorenni aveva sentito i figli della ex coppia i quali avevano manifestato “una chiara e motivata, non generica, opposizione al rientro in Moldova, che non può essere posta nel nulla, per mero sospetto – non suffragato da elementi concreti – di manipolazione ad opera del padre”. Respinto, così, il ricorso e il ritorno dei minori dalla madre.
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