Il giudice nazionale di ultima istanza che decide di non procedere a un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea deve motivare tale scelta per non incorrere in una violazione dell’articolo 6, par. 1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che impone, per garantire un processo equo, che siano indicate, da parte dei giudici nazionali, le ragioni che conducono a una determinata decisione. Di conseguenza, se il giudice di uno Stato parte alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo non lo fa, lo Stato incorre in una violazione del testo convenzionale. Lo ha chiarito la Corte europea di diritti dell’uomo con la sentenza Sanofi Pasteur contro Francia (ricorso n. 25137/16) depositata il 13 febbraio (AFFAIRE SANOFI PASTEUR c. FRANCE). A rivolgersi a Strasburgo è stato il colosso farmaceutico francese ritenendo che fosse stato violato l’articolo 6 della Convenzione. La vicenda nazionale aveva al centro l’azione presentata da un infermiere che aveva effettuato la vaccinazione contro l’epatite B e dopo alcuni anni era stato colpito da diverse patologie inclusa la sclerosi a placche. La società francese era stata condannata a versare una riparazione e, ritenendo violato l’articolo 6, si è rivolta a Strasburgo. La Corte europea, con riguardo al motivo di ricorso relativo alla violazione dell’articolo 6 per l’applicazione delle regole di prescrizione nelle azioni di responsabilità civile extracontrattuale, ha dato torto alla società ricorrente. L’ordinamento francese prevede un termine di prescrizione di 10 anni che, secondo la Cassazione, va calcolato, nei casi di azione come quella in esame, partendo dal momento in cui la malattia si è consolidata. Una scelta conforme alla Convenzione europea. Per la Corte, infatti, non si può parlare, in questi casi, di imprescrittibilità dell’azione perché lo Stato effettua un giusto bilanciamento tra diritto alla sicurezza giuridica e diritto ad agire in giudizio per la tutela dei propri diritti. Inoltre, la stessa Convenzione accorda ampia protezione all’integrità fisica di una persona che – scrive la Corte – va rafforzata nei casi di malattie progressive come la sclerosi a placche. Esclusa, quindi, per questo motivo di ricorso, la violazione dell’articolo 6. Non così per l’altra questione sollevata dalla società francese che contestava ai giudici nazionali di non aver dato seguito alla richiesta di effettuare un rinvio pregiudiziale d’interpretazione alla Corte Ue. Chiarito che la Convenzione europea non assicura – come tale – il diritto a un deferimento alla Corte di giustizia dell’Unione europea, Strasburgo ha sottolineato che, tuttavia, l’articolo 6 della Convenzione richiede, per assicurare un processo equo, che le decisioni delle autorità giurisdizionali siano motivate (si vedano anche le sentenze Dhabi contro Italia, 8 aprile 2014 e Ullens de Schooten and Rezabek contro Belgio, 20 settembre 2011) . Nel caso in esame, la Corte di cassazione si è limitata a dichiarare che non era necessario effettuare il rinvio pregiudiziale d’interpretazione, senza fare un espresso riferimento ai tre criteri fissati dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nel caso Cilfit. Così, in assenza di un’adeguata motivazione, la Francia è incorsa in una violazione dell’articolo 6, par. 1 della Convenzione europea.
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