La convivenza superiore a tre anni blocca la delibazione di una sentenza ecclesiastica

Con sentenza n. 19271 del 7 luglio 2021, la Corte di Cassazione, prima sezione civile, ha chiarito i limiti alla delibazione di una sentenza pronunciata dalla Sacra Rota per motivi di ordine pubblico (sentenza ecclesiastica). A rivolgersi alla Suprema Corte è stato un cittadino italiano che aveva chiesto la delibazione della pronuncia di nullità del matrimonio resa dalla Rota Romana nel 2013 e dichiarata esecutiva con decreto dal Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. La moglie si era opposta alla delibazione da parte del giudice italiano in quanto sosteneva che nel procedimento ecclesiastico era stato violato il diritto di difesa, sostenendo, inoltre, che un ostacolo era dovuto al fatto che il matrimonio si era protratto per oltre 20 anni. La Corte di appello di Roma aveva respinto la richiesta dell’uomo proprio tenendo conto del fatto che la convivenza era stata superiore a tre anni. Di qui il ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha escluso che la valutazione della convivenza protratta tra i coniugi come motivo per non delibare una sentenza sia in contrasto con l’Accordo tra Stato e Chiesa del 1984, con il quale sono stati modificati i Patti Lateransi del 1929. I tribunali italiani, infatti, sono tenuti a verificare che gli effetti di una sentenza straniera non siano in contrasto con l’ordine pubblico. Per la Suprema Corte, “la possibilità di individuare un principio di ordine pubblico alla base della qualificazione della convivenza tra coniugi, successiva alla celebrazione del matrimonio, quale fatto ostativo alla delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità”, è stata già accertata dalle Sezioni Unite con sentenza n. 16379 del 2014. L’Accordo tra Vaticano e Italia, d’altra parte, subordina la delibazione della sentenza ecclesiastica all’accertamento della non contrarietà con l’ordine pubblico italiano, la cui competenza è attribuita al giudice nazionale. Di conseguenza, – osserva la Cassazione – la qualificazione della convivenza coniugale quale fatto ostativo alla delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio non può essere considerata come uno “sconfinamento nella sfera del potere legislativo”. La Cassazione ha così respinto il ricorso, confermando il no alla delibazione per contrarietà all’ordine pubblico.

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