La Corte Suprema inglese sull’applicazione della Convenzione contro la tortura – UK Supreme Court on the “person acting in an official capacity” in case of torture

La Corte Suprema inglese, con una sentenza depositata il 13 novembre, nel caso R v TRA [2019] UKSC 51 (uksc-2019-0028-judgment), ha precisato la nozione di pubblico ufficiale o di persona che esercita le funzioni di pubblico ufficiale per delimitare il perimetro di applicazione della Convenzione contro la tortura e i trattamenti o punizioni  crudeli, inumani e degradanti del 10 dicembre 1984 e per stabilire la giurisdizione inglese in casi di tortura avvenuti all’estero. Il procedimento vedeva coinvolta una donna arrestata nel Regno Unito nel 2017 e accusata di tortura per alcuni fatti avvenuti durante la guerra civile in Liberia nel 1999, allorquando il Fronte patriottico della Liberia aveva conquistato il comando del Paese permettendo a Charles Taylor di diventare Presidente. L’accusa sosteneva che la donna, insieme ad altri, aveva agito come pubblico ufficiale e non come privato, con la conseguenza che doveva essere condannata per tortura. Tesi condivisa dalla Corte di appello e anche dalla Corte suprema. Quest’ultima, precisata la portata e l’obiettivo della Convenzione Onu contro la tortura, ha osservato che un individuo agisce come pubblico ufficiale anche quando, pur essendo un privato, compie attività per conto di un’organizzazione che controlla il territorio, sia in tempo di pace sia in caso di conflitti. A tal proposito, però, è necessario verificare che l’entità in questione abbia raggiunto un sufficiente grado di controllo, autorità o organizzazione “to become an authority exercising official or quasi-official powers, as oppose to a rebel faction or mere military force”. E’ vero – sottolinea la Corte – che gli Stati hanno introdotto definizioni  volte a limitare l’applicazione dell’articolo 1 della Convenzione ai soli casi in cui è coinvolta una responsabilità dello Stato, ma negli anni più recenti l’indicata norma è stata interpretata procedendo a un allargamento anche nel caso di enti non statali. Questo non vuol dire, però, che l’interpretazione debba essere la stessa. La Corte Suprema, inoltre, delinea le differenze tra la tortura nei casi di applicazione del diritto internazionale umanitario e ai fini della Convenzione Onu del 1984, richiamando anche la giurisprudenza del Tribunale per l’ex Iugoslavia, lo Statuto della Corte penale internazionale e la dottrina. Al termine dell’analisi, la Corte Suprema accoglie la posizione della Procura sull’applicazione della Convenzione contro la tortura nel caso dell’imputato che ha agito nella sua capacità ufficiale a nome di un’entità che esercitava il controllo de facto sul territorio e sulla popolazione civile, pur consentendo alla donna l’appello, in parte, in forza delle nuove prove fornite dalla Procura.

1 Risposta
  • Patrik Pappalardo
    novembre 27, 2019

    A mio avviso è una importante sentenza, per quanto riguarda il crimine di tortura, quella emanata dalla Corte suprema inglese. La giurisprudenza inglese ha applicato la convenzione contro il crimine di tortura estensivamente ad una entità non statale; secondo me tale interpretazione deve consolidarsi nel tempo
    in quanto ciò costituisce un precetto di Jus cogens, il quale obbliga anche i gruppi di insorti al precipuo rispetto del diritto internazionale bellico.

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