Trattamento di stranieri nei Centri di permanenza per il rimpatrio: preoccupazioni per l’esportazione del modello italiano in Albania

Restrizioni sproporzionate invocando esigenze di sicurezza, mancata valutazione dei rischi individuali, trattenimenti troppo lunghi, assistenza sanitaria non appropriata. Sono solo alcune delle criticità emerse dalla visita in Italia condotta dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT) del Consiglio d’Europa che ha portato alla redazione di un rapporto dal quale emergono le condizioni disumane in cui in diversi casi si trovano le persone trattenute (CPT/Inf(2024)34 Report). Il documento, diffuso il 13 dicembre, è accompagnato dalle risposte fornite dal Governo italiano (risposte) ed è incentrato sulle visite in quattro Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) a Milano, Gradisca, Potenza e Roma che hanno fatto emergere numerose violazioni dei diritti dell’uomo. Rilievi critici anche per la stessa struttura dei CPR che, con sbarre e altro, sono sostanzialmente strutture carcerarie. In particolare, il Comitato, preso atto di alcune accuse di maltrattamenti fisici nei confronti di cittadini stranieri trattenuti nei CPR da parte di personale di polizia, ha sottolineato che, al di là dei necessari accertamenti, è mancato un “monitoraggio rigoroso e indipendente degli interventi della polizia”, nonché l’assenza di un sistema di registrazione delle lesioni denunciate dagli stranieri. In via generale, inoltre, il Comitato ha criticato le strutture e le modalità del trattenimento che portano a constatare che gli stranieri sono sostanzialmente sottoposti a un regime speciale di detenzione. Il Comitato ha anche evidenziato il mancato rispetto del capitolato d’appalto perché gli enti gestori “investivano solo sforzi minimi per offrire alcune attività di natura ricreativa”. Assente una valutazione del rischio individuale per i cittadini stranieri e deficit nell’assistenza sanitaria.

Allarme anche per le garanzie giuridiche, con particolare riguardo al diritto di accesso a un avvocato e alla necessità di migliorare la comunicazione sui propri diritti ai soggetti interessati, inclusa la comunicazione del fermo a terzi. In ultimo, il Comitato, valutando le condizioni materiali carenti, l’assenza di un regime di attività per gli stranieri trattenuti, lo sproporzionato utilizzo di misure di sicurezza, la qualità variabile delle prestazioni sanitarie e la mancanza di trasparenza nella gestione dei Centri di permanenza per il rimpatrio da parte di società private, ritiene che possano verificarsi situazioni problematiche trasponendo questo modello “in un contesto extraterritoriale, quale l’Albania”.

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