La Corte suprema Usa blocca le azioni degli ungheresi sopravvissuti all’Olocausto

No alle azioni dei sopravvissuti ungheresi all’Olocausto per ottenere il risarcimento dall’Ungheria che aveva proceduto a confiscare le loro proprietà durante la Seconda guerra mondiale. La Corte Suprema degli Stati Uniti, con la sentenza del 21 febbraio 2025 nel caso Republic of Hungary et. al. v. Simon et al. (Hungary v. Simon) ha deciso l’annullamento della pronuncia dei giudici di appello che avevano permesso, solo in parte, la continuazione del procedimento malgrado il Foreign Sovereign Immunities Act (FSIA) che riconosce l’immunità giurisdizionale di uno Stato estero, pur ammettendo alcune eccezioni (si veda, per una ricostruzione della pronuncia della Corte di appello http://www.marinacastellaneta.it/blog/sopravvissuti-allolocausto-e-giurisdizione-usa-i-limiti-alleccezione-allimmunita-nei-casi-di-sottrazione-di-proprieta.html).

Per la Corte Suprema, pur in presenza di un imperativo morale che richiede l’adozione di qualche misura che assicuri una forma di giustizia alle vittime dell’Olocausto, che permane per sempre, devono essere rispettate le norme interne che, in via generale, precludono le azioni contro Stati esteri in base alla regola dell’immunità affermata nel diritto internazionale. È vero che in base al FSIA è possibile agire in giudizio quando i beni espropriati sono presenti negli Stati Uniti, ma solo se sul territorio statunitense si trova proprio il bene controverso, tenendo conto che è impossibile effettuare una precisa individuazione dei soldi corrispondenti a quel determinato bene derivanti dalla vendita di opere d’arte o gioielli appartenenti ai sopravvissuti all’Olocausto nei conti corrente del governo ungherese. Pertanto, poiché non è possibile considerare uno Stato straniero responsabile dell’espropriazione se non nei casi in cui i beni siano presenti negli Stati Uniti, tesi sostenuta dal Governo ungherese secondo il quale, per applicare l’eccezione del FSIA, era necessario dimostrare che i beni presenti negli Stati Uniti fossero proprio quelli espropriati, ed essendoci una confusione tra i beni in quanto convertiti in denaro, l’immunità va confermata e va esclusa la giurisdizione dei giudici statunitensi. Inoltre, è stata accolta, in sostanza, la posizione dell’ex Presidente Biden che aveva evidenziato i pericoli che sarebbero derivati dall’esclusione dell’immunità perché gli Stati Uniti avrebbero corso il rischio di essere citati dinanzi ai giudici di altri Stati. Così, la Corte Suprema ha annullato la pronuncia della Corte di appello, chiedendo un altro giudizio in linea con la propria pronuncia.

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