Il rispetto degli obblighi internazionali non può comportare una diminuzione del livello di tutela dei diritti umani fornito dall’ordinamento interno. Lo ha chiarito la Corte costituzionale nell’ordinanza n. 223 del 9 luglio 2014 (legge Pinto consulta). E’ stata la Corte di appello di Bari a sollevare una questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 2-quinquies della legge Pinto (n.89/2001), come modificato dalla legge n. 134 del 7 agosto 2012, nella parte in cui esclude l’indennizzo per la violazione del termine ragionevole del processo nel caso di estinzione del reato per intervenuta prescrizione solo se questa sia connessa a condotte dilatorie della parte. Ora, poiché la Corte europea dei diritti dell’uomo, nella sentenza del 6 marzo 2012, Gagliano Giorgi contro Italia, ha statuito che se il processo si conclude con la dichiarazione di prescrizione del reato manca un «pregiudizio importante», con l’impossibilità di ricorrere a Strasburgo, secondo la Corte di appello di Bari, la norma interna risulterebbe in contrasto con l’articolo 117 della Costituzione perché dovrebbe sempre escludere la possibilità dell’indennizzo in caso di prescrizione. Una tesi respinta dalla Consulta che ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale e ha precisato che i livelli minimi di tutela dei diritti fondamentali prefigurati dalla Cedu costituiscono un limite inderogabile per il legislatore italiano solo verso il basso ma non verso l’alto. In particolare, osserva la Corte costituzionale, in materia di diritti fondamentali, “il rispetto degli obblighi internazionali non può mai essere causa di una diminuzione di tutela rispetto a quelle già predisposte dall’ordinamento interno, ma può e deve costituire strumento efficace di ampliamento della tutela stessa (sentenza n. 317 del 2009): vale, in altre parole, il principio della massima espansione delle tutele e della conseguente prevalenza della fonte che conferisce la protezione più intensa”. Senza dimenticare che l’articolo 53 della Convenzione dispone che “l’interpretazione delle norme della Convenzione non può limitare o pregiudicare i diritti dell’uomo riconosciuti in base alle leggi di ogni Parte contraente (o ad ogni altro accordo cui essa partecipi)”, con la conseguenza che il sistema di garanzia della Convenzione rafforza la protezione ma non impone limitazioni nel godimento di diritti più ampiamente tutelati a livello nazionale. Pertanto, le norme interne più garantiste non possono mai essere dichiarate illegittime dal punto di vista costituzionale “in nome dell’esigenza di rispetto di norme della CEDU, o della loro interpretazione da parte della Corte di Strasburgo”.
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