Le gravi condizioni di salute del figlio minorenne cancellano l’illiceità dell’ingresso clandestino in Italia

L’interesse del minore prima di tutto. Lo dice la Corte di cassazione che, nella sentenza n. 5061/12 (prima sezione penale, 20120215173513630) del 9 febbraio 2012, ha annullato la pronuncia della Corte di appello di Genova che aveva condannato una cittadina ecuadoregna per l’ingresso illegale del figlio minore in Italia. La donna, per consentire cure immediate al figlio gravemente malato, non aveva esitato ad alterare il permesso di soggiorno, pur essendo legalmente residente in Italia. Prioritaria l’esigenza di far presto rispetto alle procedure regolari relative al ricongiungimento familiare. Di qui la condanna e il ricorso in Cassazione che ha dato ragione alla donna. Non solo quest’ultima aveva agito spinta dallo stato di necessità, per salvare il proprio figlio che, se fosse rimasto in Ecuador, non avrebbe ricevuto adeguate cure mediche, ma il giudice di merito avrebbe dovuto tenere conto dell’articolo 3, comma 1 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata dall’Italia con legge 27 maggio 1991 n. 176. Nei procedimenti giurisdizionali finalizzati a dare attuazione al diritto all’unità familiare riguardanti i minori – conclude la Cassazione – “deve essere preso in considerazione con carattere di priorità l’interesse superiore del minore”. Pertanto la sentenza di condanna va annullata.

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