MAE: residenza effettiva e non solo anagrafica per scontare la pena in Italia

Non basta la mera residenza anagrafica in Italia per rimanere sul territorio e opporsi, nel caso di adozione di un mandato di arresto europeo, alla consegna alle autorità nazionali dello Stato emittente. Lo ha confermato la Corte di Cassazione, sesta sezione penale, con la sentenza n. 17706/04 depositata il 23 aprile (17706). La Romania aveva emesso un mandato di arresto ai fini dell’esecuzione della condanna nei confronti di un cittadino rumeno residente in Italia. La Corte di appello di Roma aveva disposto la consegna, ma il condannato aveva presentato un ricorso in Cassazione. A suo dire, i giudici italiani non avevano tenuto conto della sua richiesta di scontare la pena in Italia malgrado fosse residente nel Paese da 3 anni. Una doglianza non accolta dalla Cassazione che, aderendo alla pronuncia della Corte costituzionale n. 227/20010 e a numerose sentenze della Corte Ue, ha sottolineato che non basta la mera residenza nel Paese di esecuzione per opporsi alla consegna, ma è necessario un radicamento “reale e non estemporaneo”, individuato sulla base di indizi effettivi. In pratica, la mera residenza anagrafica non è sufficiente ad attestare un legame con lo Stato che deve essere dimostrato tenendo conto della legalità della presenza, della continuità temporale, della comprensione della lingua, del tempo intercorso tra la presenza sul territorio di uno Stato membro e la commissione dei reati per i quali lo Stato emittente ha chiesto la consegna. In questi casi vi è un effettivo centro principale e consolidato degli interessi lavorativi, economici e familiari idoneo a giustificare la permanenza sullo Stato anche per scontare la pena. Solo nel caso di acquisizione di un diritto di soggiorno permanente per la presenza ininterrotta sul territorio in base alla direttiva 2004/38 gli indicati elementi si considerano sussistenti. Nel caso in esame – osserva la Cassazione – il ricorrente non ha un’attività lavorativa lecita in Italia, né sono presenti altri componenti della famiglia. Senza dimenticare che il condannato aveva commesso i reati in epoca recente dimostrando che si era recato in Italia per sottrarsi alla giustizia. Di qui il via libera alla consegna.

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