Per bloccare l’esecuzione di un mandato di arresto europeo nei confronti di un cittadino di uno Stato membro residente in Italia è necessario un radicamento reale e non estemporaneo. La Corte di cassazione, sesta sezione penale, con la sentenza n. 520/17 del 5 gennaio 2017 (520:17), applica la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea con particolare riferimento alla pronuncia Kozlowski del 17 luglio 2008 (C-66/08) e respinge il ricorso di una donna, cittadina rumena, chiarendo la nozione di residenza rilevante. Nei confronti della donna, le autorità rumene avevano emesso un mandato di arresto europeo ai fini dell’esecuzione di una sentenza. La Corte di appello di Torino aveva dato il via libera alla consegna, ma la donna aveva impugnato il provvedimento in Cassazione che, però, le ha dato torto. Per la Suprema Corte, il motivo in base al quale il mandato di arresto europeo non poteva essere eseguito in forza dell’articolo 18 della legge n. 69/2005 con la quale è stata recepita la decisione quadro 2002/584 sul mandato di arresto europeo e le procedure di consegna tra Stati membri, con riferimento al rifiuto alla consegna di un cittadino di uno Stato membro che abbia la residenza o la dimora stabile in Italia, non sussisteva. Ed invero, osserva la Cassazione, per residenza deve intendersi quella effettiva nello Stato di esecuzione e per dimora un soggiorno stabile di una certa durata dal quale si evinca l’esistenza di legami di intensità equiparabili alla residenza. In particolare, nel caso dell’accertamento della residenza rilevante è necessario constatare un radicamento reale e non estemporaneo sulla base di elementi come la legalità della presenza in Italia, l’apprezzabile continuità temporale, la distanza temporale tra la residenza e la commissione del reato e della condanna pronunciata nello Stato richiedente, la sussistenza in Italia di interessi lavorativi o familiari. Nel caso in esame, la donna era stata in Italia per un periodo troppo breve ed era arrivata solo dopo la condanna. Questi, insieme ad altri elementi, mostrano che non si è verificato un effettivo e stabile radicamento “implicante una scelta di vita incondizionata con sostanziale rescissione, parimenti datata, dei legami con il Paese di origine”. Di qui la conferma della scelta della Corte di appello di eseguire il mandato di arresto europeo.
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