Necessario un approccio globale per stabilire l’età dei minori non accompagnati

Di fronte al grave problema dell’identificazione dei minori non accompagnati, che arrivano di frequente privi di documenti, gli Stati procedono in ordine sparso. Manca, infatti, un approccio armonizzato circa le tecniche da utilizzare per individuare l’età dei minori migranti, con inevitabili conseguenze negative sull’assistenza. E’ quanto risulta dal rapporto del 31 ottobre (Doc. n. 14434, minori) redatto dalla Commissione migrazioni, rifugiati e sfollati dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa su “Child-friendly age assessment for unaccompanied migrant children”. Il relatore, Doris Fiala, ha evidenziato le difficoltà di identificazione dovute all’assenza di documenti di riconoscimento, sottolineando la necessità di evitare procedure mediche intrusive. La fase dell’identificazione dei minori non accompagnati – che nel 2015-2016 sono stati 170mila – è particolarmente delicata ed è indispensabile che gli Stati applichino gli standard internazionali ed europei a tutela dei minori. Senza dimenticare che, in caso di errori, le conseguenze per i minori sono devastanti considerando che rischiano di essere collocati in centri di detenzione. Nel rapporto sono valutate le diverse prassi seguite  per accertare l’età dei minori, con una varietà di metodi che impedisce un’azione armonizzata. Tra gli approcci da preferire quello olistico, che evita tecniche invasive, rispetta gli standard internazionali a tutela dell’interesse superiore del minore e limita i tempi di attesa.

1 Risposta
  • Lodovico Benso
    novembre 19, 2017

    Sulla valutazione dell’età anagrafica anche in campo medico esiste una grave confusione a livello biologico e metodologico.Deve essere chiaro che la variabile che effettivamente si misura in Medicina Legale è il grado di maturazione biologica che,per comodità, viene impropriamente tradotto in età riferendosi all’età alla quale una data caratteristica compare con maggior frequenza in una data popolazione, pur con ampia variabilità individuale.Un banale esempio: l’età al menarca, che in Italia è di circa 12 anni e mezzo, può benissimo essere in molti casi inferiore a 11 o superiore a 13; non è quindi possibile attribuire con certezza un’età anagrafica di 12 anni e mezzo sulla base della data del menarca.Mutatis mutandis questo vale per ogni età e per ogni variabile maturativa presa in considerazione. Condivisibile quindi l’approccio olistico in senso psico,socio,ambientale,mentre misurare la stessa variabile (il grado di maturità fisica) con diversi metodi, aumenta solo il riduzionismo e i costi.Statisticamente grossolano,poi, è l’uso scorretto del margine di errore ,che in molte perizie viene riportato come +/- 6 mesi (la precisione della stima) invece che +/- 2 anni (la variabilità biologica).
    Interessante la proposta di identificare una ‘fascia’ comprendente i ‘quasi maturi’ e gli ‘appena maturi’, che sono la maggior parte dei soggetti in discussione.Purtroppo in termini biologici è ridicolo un limite discriminante così preciso come p.es. i 18 anni così che tra 17 e 11 mesi e 18 e 1 mese esiste una enorme differenza di trattamento.
    Lodovico Benso,già Prof.Auxologia,Fac.Med.eChir. Univ.di Torino.

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