Nessun rischio di trattamenti disumani per i richiedenti asilo in Italia. Via libera da Strasburgo all’applicazione del regolamento Dublino

L’Italia supera il test della Corte europea dei diritti dell’uomo nel settore del diritto d’asilo. Per Strasburgo, i richiedenti asilo, in Italia, non corrono rischi di trattamenti disumani e degradanti vietati dall’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Di conseguenza, i Paesi Bassi possono procedere all’applicazione del regolamento di Dublino e ordinare il trasferimento del richiedente asilo in Italia che, come Paese di primo ingresso, dovrà decidere sulla concessione dello status. E’ la conclusione raggiunta dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella decisione  del 18 aprile 2013 relativa al caso Mohammed Hussein contro Paesi Bassi e Italia (MOHAMMED HUSSEIN v. THE NETHERLANDS AND ITALY) con la quale la Corte ha dichiarato irricevibile il ricorso contro Paesi Bassi e Italia presentato da una cittadina somala. La donna era arrivata in Italia nel 2008 ed era stata trasferita in un centro di accoglienza. Ottenuta la protezione sussidiaria, aveva avuto un permesso di soggiorno e un documento di viaggio valido per 3 anni. La donna si era poi trasferita in Olanda dove aveva presentato una domanda di asilo. Tuttavia, in applicazione del regolamento n. 343 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo, i Paesi Bassi avevano respinto l’istanza in quanto la competenza era delle autorità italiane. La donna sosteneva che in precedenza non aveva ottenuto un trattamento adeguato in Italia e vi era il rischio di trattamenti disumani e degradanti. Una conclusione non condivisa dalla Corte di Strasburgo. Prima di tutto, la donna, arrivata in Italia, aveva usufruito di talune facilitazioni e aveva ottenuto un permesso di soggiorno proprio in Italia che le aveva consentito di avere assistenza sanitaria e sociale, nonché un titolo di viaggio per stranieri. Nessuna prova, quindi, che era stata sottoposta a trattamenti disumani né che correva il rischio di subirli. Una riduzione del livello delle condizioni di vita – osserva la Corte – non può in alcun modo essere equiparato a un trattamento disumano, tanto più che dall’esame di rapporti di organizzazioni non governative non emerge un problema di carattere strutturale per i richiedenti asilo, né falle sistemiche. Pertanto, Strasburgo ha dichiarato irricevibile il ricorso spianando la strada all’applicazione del regolamento Dublino.

Si vedano i post del 27 dicembre 2011 http://www.marinacastellaneta.it/blog/no-al-trasferimento-nello-stato-di-primo-ingresso-per-i-richiedenti-asilo-se-ce-il-rischio-di-violazione-dei-diritti-umani.html e del 21 gennaio 2011 http://www.marinacastellaneta.it/blog/il-regolamento-dublino-sullasilo-allesame-della-cedu.html e del 

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