No al trasferimento automatico del richiedente asilo nel Paese Ue competente se ci sono rischi di maltrattamenti

Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (sezione seconda quater) interviene sull’applicazione del regolamento n. 343 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo. E lo fa con la sentenza n. 3310/2011 depositata l’11 giugno 2012 (doc228) con la quale i giudici amministrativi hanno escluso il trasferimento di un richiedente asilo in Ungheria, Stato competente in materia di concessione dell’asilo, a causa delle condizioni nelle quali versano i richiedenti asilo in quel Paese. Una decisione in linea con la pronuncia della Corte di giustizia Ue del 21 dicembre 2011 (C-411/10 e C-493/10) che ha guidato i giudici amministrativi nella decisione.

Al Tar si era rivolto un cittadino afgano che aveva impugnato il provvedimento del ministero dell’interno che disponeva il suo trasferimento in Ungheria. Il ricorrente, infatti, prima di presentare la domanda di asilo in Italia lo aveva fatto – ben due anni prima – in Ungheria  che, quindi, in base al regolamento Dublino diventa lo Stato competente a decidere sulla protezione internazionale. Tuttavia, il richiedente si era opposto al trasferimento ritenendo l’Ungheria un Paese non sicuro anche in ragione dei maltrattamenti che aveva già subito. Il Tar ha accolto il ricorso. E’ vero che in base al regolamento lo Stato competente è l’Ungheria ma sia l’articolo 3 del regolamento sia le pronunce della Corte di giustizia confermano che la riconsegna al Paese competente in via di principio è da escludere se vi sono rischi di maltrattamenti per il richiedente che, in questo caso, è stata confermata da rapporti di organizzazioni internazionali i quali dimostrano che i richiedenti asilo sono detenuti in condizioni simili a quelle carcerarie. Da escludere, quindi, il trasferimento nei casi in cui risultino “carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei ricorrenti asilo”.

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