Norme di applicazione necessaria e giurisdizione: chiarimenti dalla Cassazione

L’eventuale applicazione di norme di applicazione necessaria non incide sulla determinazione del giudice competente. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 19490 depositata il 10 luglio (ordinanza). A rivolgersi alla Suprema Corte è stato un cittadino italiano che era stato assunto da un’azienda e poi aveva svolto l’attività in Algeria. L’uomo aveva chiesto il pagamento di 108.000 euro per differenze contributive, ma la Corte di appello di Genova aveva respinto il ricorso ritenendo, al pari del giudice di primo grado, insussistente la giurisdizione del giudice italiano. Di qui il ricorso in Cassazione perché, ad avviso del ricorrente, in ragione dell’applicazione dell’articolo 17 della legge n. 218/95, che si occupa delle norme imperative, il datore di lavoro non avrebbe rispettato alcune disposizioni di applicazione necessaria in materia di assunzione di lavoratori italiani in Paesi extracomunitari perché non aveva ottenuto il rilascio di un’autorizzazione preventiva richiesta in caso di assunzione all’estero di lavoratori italiani. Il mancato rispetto della norma imperativa avrebbe avuto conseguenze sulla giurisdizione. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso rilevando che, già in passato, è stato fissato il principio di diritto, stabilito dalle Sezioni Unite con la pronuncia n. 3841 del 2007, in base al quale “In tema di diritto internazionale privato, l’eventuale presenza, in una determinata fattispecie, di norme di applicazione necessaria – ossia di norme della “lex fori” operanti come limite all’applicazione del diritto straniero eventualmente richiamato da una norma di conflitto – non incide sul diverso problema dell’individuazione dei criteri dai quali dipende la competenza giurisdizionale, giacché la determinazione della giurisdizione precede sul piano logico quella della legge applicabile, non potendosi del resto presumere che la futura pronuncia del giudice straniero si porrà in concreto contrasto con la norma italiana di ordine pubblico”. In ragione di ciò, la Cassazione ha respinto il ricorso.

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