Onere della prova attenuato per le richieste di apolidia

Sulla concessione dello status di apolide è intervenuta la Corte di Cassazione, sesta sezione civile – 1,  con sentenza n. 4262/15 del 3 marzo 2015 (apolidia) pronunciandosi sugli obblighi del giudice nazionale chiamato ad accertare, in base alla Convenzione di New York del 28 settembre 1954 relativa allo status degli apolidi, ratificata con legge 306/1962, l’esistenza di detto stato. A rivolgersi alla Cassazione è stata una donna a seguito del rifiuto della Corte di appello di Roma del riconoscimento dello status di apolide. La Corte di appello aveva ritenuto che la mancata iscrizione nell’anagrafe di Monstar non fosse una prova sufficiente. La Cassazione, chiarito che l’apolide è titolare di diritti propri dello straniero, svincolati dalla cittadinanza e  che gode di diritti identici al cittadino nel caso di libertà di religione, accesso alla giustizia, istruzione obbligatoria e previdenza sociale, ha ritenuto che, anche se non espressamente prevista nella legislazione, il richiedente debba godere di situazioni vantaggiose proprie dei richiedenti la protezione internazionale. Di conseguenza, precisato che il richiedente ha accesso alla giurisdizione ordinaria piuttosto che al più complesso procedimento amministrativo, la Corte ha stabilito che il ricorrente ha un onere della prova attenuato anche se ciò non è codificato nella normativa a differenza di quello di derivazione europea relativamente alla protezione internazionale. Inoltre – osserva la Suprema Corte – il giudice investito della questione non deve limitarsi ad analizzare i dati formali, ma deve compiere un esame sostanziale della situazione, svolgendo, in base al principio iura novit curia, un accertamneto sulla legge bosniaca. La Corte ha così annullato la pronuncia dei giudici di appello e deciso nel merito dichiarando l’apolidia.

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