Partenariato Ue-Egitto: l’Europa dimentica Regeni

La firma è dell’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza Federica Mogherini in veste di Presidente del Consiglio di Associazione Ue-Egitto. Ma non è solo lei a perdere la faccia mettendo la firma sul testo della raccomandazione n. 1/2017 del Consiglio di Associazione Ue-Egitto adottata il 25 luglio  2017, con la quale sono state approvate le priorità del partenariato UE-Egitto [2017/1786], pubblicata sulla GUUE L 255 del 3 ottobre (UE-Egitto). Infatti, sfiorerebbe il ridicolo, se non ci fosse di mezzo la tragedia dell’omicidio di Giulio Regeni, il dottorando di ricerca dell’Università di Cambridge, cittadino italiano e europeo, assassinato dopo essere stato sottoposto a lunghe e inenarrabili torture a Il Cairo, la scelta dell’Unione europea di ignorare tutto e dare il via a una nuova intesa con l’Egitto. E questo – si legge testualmente nell’allegato alla raccomandazione – per “contribuire a soddisfare le aspirazioni dei cittadini di entrambe le sponde del Mediterraneo, garantendo in particolare la giustizia sociale, opportunità di lavoro dignitoso, la prosperità economica e condizioni di vita nettamente migliori, in modo da rafforzare la stabilità, sia in Egitto che nell’UE”. Tutto, si specifica senza timore del ridicolo, nel segno del “rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali” considerati “componenti fondamentali di tali obiettivi”. Così, l’Unione europea, seguendo un copione ormai drammaticamente ripetivo che mostra la perdita di rilevanza dell’organizzazione nella difesa di valori, ignora il dramma di Giulio Regeni, della sua famiglia e dei cittadini europei che credono nella tutela effettiva dei diritti umani e nell’obbligo di punire chi li viola e non persegue la verità per fare luce sui fatti. Che vuol dire assicurare i colpevoli alla giustizia. Ma per l’Unione Europea, l’Egitto presieduto dal generale Abdel Fattah al-Sisi, che tre anni fa ha deposto Mohamed Morsi (primo Presidente eletto con libere elezioni dopo la fine del regime di Mubarak), è un campione dei diritti umani con il quale continuare ad avere strette relazioni: dall’economia alla lotta al terrorismo passando per i problemi dell’immigrazione. Poco importa che la Egyptian Commission for Rights and Freedoms (ECRF) abbia denunciato la scomparsa, solo nel 2015, di ben 1.700 persone e che la Commissione africana dei diritti umani abbia varie volte condannato l’Egitto per l’utilizzo di sequestri, sparizioni e tortura. E poco importa che un cittadino dell’Unione europea sia stato brutalmente torturato e che lo stesso Parlamento europeo, in una risoluzione del 10 marzo 2016, abbia chiesto che “il grado di impegno dell’Unione europea nei confronti dell’Egitto dovrebbe basarsi su incentivi, conformemente al principio “more for more” (maggiori aiuti a fronte di un maggiore impegno)… e dipendere dai progressi compiuti nel riformare le istituzioni democratiche e nell’ambito dello Stato di diritto e dei diritti umani”. Hanno fatto di più gli Stati Uniti: il Dipartimento di Stato americano, almeno, nell’edizione 2016 del Country Reports on Human Rights Practices, ha evidenziato le massicce violazioni dei diritti umani, i rischi per chi va in Egitto proprio denunciando l’inaccettabile morte di Giulio Regeni (http://www.state.gov/j/drl/rls/hrrpt/humanrightsreport/index.htm?year=2016&dlid=265494). Assente, invece, il richiamo alla morte di Regeni nel Country Report del Servizio europeo per l’azione esterna (https://eeas.europa.eu/headquarters/headquarters-homepage/29940/report-eu-egypt-relations-framework-revised-enp_en).

Eppure, l’Unione avrebbe potuto fare molto, utilizzando l’accordo di associazione del 2001, modificato nel 2004, per spingere le autorità egiziane a fare luce sulla morte di Giulio Regeni. Ma dal silenzio assordante successivo all’uccisione di Regeni si è passati a un’azione devastante per i diritti umani, seppellendo la giustizia in nome degli affari.

 

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