Rischio di trattamenti disumani: stop all’estradizione

Stop all’estradizione se il detenuto corre il rischio di una violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea del 1957 che obbliga lo Stato a non dar luogo alla consegna se c’è il pericolo di persecuzioni. È la Corte di Cassazione, sesta sezione penale, con sentenza n. 53741 depositata il 19 dicembre (estradizione), a stabilirlo dando piena attuazione ai rapporti di organismi internazionali e ai principi affermati da organi giurisdizionali internazionali. A rivolgersi alla Suprema Corte, un cittadino ucraino che chiedeva l’annullamento del provvedimento della Corte di appello di Trento che aveva dato il via libera all’estradizione verso l’Ucraina per l’esecuzione di una misura cautelare in carcere per una presunta corruzione. L’uomo sosteneva che l’accusa era persecutoria e legata alla sua passata attività come presidente del comitato anticorruzione. La Corte di appello riteneva che non sussistesse alcun motivo ostativo all’estradizione. Di diverso avviso la Cassazione secondo la quale sussiste un fumus persecutionis per la pregressa attività dell’indagato, anche come attivista dei diritti umani, tant’è che anche in Ucraina, in un primo tempo, era stata respinta la richiesta di misure detentive. Senza dimenticare – osserva la Cassazione – le condizioni di detenzione nello Stato richiedente, come desumibile dai rapporti di organismi internazionale e dalle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo. Bloccata, così, l’estradizione.

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