Salvataggi in mare: allarme dell’Onu e del Consiglio d’Europa per la criminalizzazione delle ONG e per gli ostacoli al soccorso

La criminalizzazione e la punizione dei difensori dei diritti umani impegnati in operazioni di soccorso in mare decisa in Italia è in contrasto con il diritto internazionale e, quindi, le norme interne vanno modificate. Lo ha scritto la Relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei difensori dei diritti umani, Mary Lawlor, in una dichiarazione presentata il 9 febbraio (Italy:). La Relatrice è allarmata dai procedimenti penali avviati in Italia, con particolare riguardo a quello iniziato nel maggio 2022 presso il Tribunale di Trapani (ancora nella fase preliminare) nei confronti di alcuni membri dell’equipaggio della nave Iuventa, impegnata nel soccorso in mare, per presunta collaborazione con i trafficanti di esseri umani e per aver favorito l’immigrazione irregolare. La Relatrice ricorda che il 19 gennaio 2023 la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Interno hanno chiesto al Tribunale di costituirsi parte civile e questa decisione – osserva Mary Lawlor – contrasta con il principio in base al quale gli Stati che tutelano i diritti umani “promuovono il lavoro dei difensori dei diritti umani”. Preoccupazioni anche per il decreto legge n. 1/2023 del 2 gennaio 2023 (Decreto legge n. 1:2023, in via di conversione) che ha fissato il divieto per i comandanti di navi di ONG di effettuare salvataggi multipli nel corso di una missione e l’obbligo di sbarcare nel porto indicato dalle autorità competenti, qualunque sia la distanza rispetto all’imbarcazione che ha a bordo persone salvate in mare. Questo – precisa la Relatrice – pone ostacoli alle attività di salvataggio e mette a rischio vite e diritti. Di conseguenza “la legislazione è incompatibile con gli obblighi dell’Italia ai sensi del diritto internazionale”.

L’allarme arriva anche dal Consiglio d’Europa, da più fronti, come è ovvio tenendo conto dell’evidente contrarietà al diritto internazionale del testo del decreto legge. La Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa Dunja Mijatovic ha inviato, il 26 gennaio, una lettera al Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi nella quale ha chiesto il ritiro o la modifica del decreto legge poiché esso impone lo sbarco di persone salvate in mare in porti lontani, allungando i tempi di navigazione e così aumentando i rischi insiti nella navigazione (CommHR/DM/sf 003-2023, lettera; qui la risposta del Ministro Lettera Italia). Inoltre, la Commissaria ha sottolineato che, malgrado le flagranti violazioni dei diritti umani in Libia, l’Italia ha consentito il rinnovo automatico del Memorandum of Understanding con la Libia (si veda il post http://www.marinacastellaneta.it/blog/sullimmigrazione-patto-segreto-italia-libia.html). Il 30 gennaio, sempre il Consiglio d’Europa, attraverso il gruppo di esperti sulle ONG ha presentato un parere sulla compatibilità (in realtà sul contrasto) rispetto agli standard europei del decreto legge n. 1 del 2 gennaio 2023 sulla gestione dei flussi migratori (CONF/EXP(2023)1, NGO). Anche in questo caso, tenendo conto degli obblighi internazionali derivanti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e da numerosi altri atti internazionali, risulta chiara la contrarietà delle norme interne al diritto internazionale e il chilling effect che queste misure determinano sul lavoro degli attivisti dei diritti umani e degli operatori delle ONG impegnati nel salvataggio in mare. Di qui la richiesta di una modifica, prima della conversione in legge, del decreto n. 1/2023.

Nessun commento

Aggiungi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *