Se mancano cure adeguate in carcere certa la condanna dello Stato per trattamenti disumani e degradanti

Le condizioni di detenzione che procurano un peggioramento della malattia di un detenuto costituiscono un trattamento disumano e degradante vietato dall’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. E’ la conclusione raggiunta dalla Corte europea di Strasburgo che, con sentenza depositata il 7 febbraio (Cara-Damiani contro Italia, ricorso n. 2447/05, http://cmiskp.echr.coe.int/tkp197/view.asp?item=1&portal=hbkm&action=html&highlight=Cara-Damiani%20%7C%202447/05&sessionid=86215923&skin=hudoc-en), ha condannato l’Italia, ancora una volta, per le condizioni di detenzione. Alla Corte dei diritti dell’uomo si era rivolto un detenuto con una malattia degenerativa che gli impediva diversi movimenti. Il detenuto era stato trasferito nel carcere di Parma che ha un’unità specifica per i disabili. In realtà, poi, il detenuto era stato sistemato nella sezione ordinaria. La mancata rieducazione gli aveva causato un peggioramento costringendolo a utilizzare la sedia a rotelle. Per la Corte, nessun dubbio che l’assenza di interventi idonei a garantire la protezione della salute del detenuto malgrado le sollecitazioni dei medici a spostare il ricorrente in una struttura esterna costituiscono un trattamento degradante perché il disabile è stato costretto a vivere in una struttura con barriere architettoniche nelle quali era impossibile la rieducazione. L’Italia è stata condannata anche a versare al ricorrente 10mila euro per danni non patrimoniali e 2.150 per le spese sostenute.

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