Sentenza ecclesiastica ed effetti sui rapporti patrimoniali tra coniugi: la parola alle Sezioni Unite

Sugli effetti di una sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario rispetto alle decisioni dei giudici interni sul divorzio e sulla concessione di un assegno divorzile, la Corte di Cassazione, I Sezione civile, con ordinanza interlocutoria n. 5078/20 del 25 febbraio, ha chiamato in aiuto le Sezioni Unite (5078). La pronuncia del tribunale ecclesiastico regionale etrusco, resa esecutiva dal Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, era stata delibata dalla Corte di appello successivamente al passaggio in giudicato della dichiarazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio, mentre le questioni legate alle decisioni economiche accessorie erano ancora pendenti in Cassazione. Tenuto conto del contrasto della giurisprudenza sugli effetti della nullità del matrimonio e, in particolare, se essi possano determinare la cessazione della materia del contendere nel giudizio sulle statuizioni economiche, la I Sezione civile, ricostruita l’evoluzione della giurisprudenza sul punto, inclusi gli interventi della Corte costituzionale, ha sospeso il procedimento e rimesso la questione alle Sezioni Unite. In particolare, alla luce anche del Concordato come modificato nel 1984, le Sezioni Unite dovranno chiarire se il giudicato interno, che dichiari la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario, “sia idoneo a paralizzare gli effetti della nullità del matrimonio, dichiarata con sentenza ecclesiastica successivamente delibata dalla corte di appello (con sentenza passata in giudicato), solo in presenza di statuizioni economiche assistite dal giudicato o anche in assenza di dette statuizioni”. In quest’ultimo caso, inoltre, le Sezioni Unite dovranno anche precisare se il giudice civile possa regolare, in linea con la legge n. 898 del 1970, i rapporti patrimoniali tra gli ex coniugi malgrado il vincolo consacrato in un atto matrimoniale nullo.

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