Status filiationis in caso di maternità surrogata: indispensabile un bilanciamento tra interesse alla verità e interesse superiore del minore

Il giudice chiamato a decidere sull’impugnazione del riconoscimento di un figlio naturale deve tenere conto del diritto alla verità e dell’interesse del minore. E questo anche quando il minore nasce attraverso il ricorso alla maternità surrogata. E’ la Corte costituzionale a dirlo con la sentenza n. 272 depositata il 18 dicembre (272_2017) che ha portato la Consulta a una decisione che impone il giusto equilibrio tra i due interessi indicati, anche alla luce delle fonti internazionali. La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata dalla Corte di appello di Milano alle prese con un procedimento di impugnazione del riconoscimento del figlio naturale per difetto di veridicità. Al centro del rinvio, l’articolo 263 del codice civile nella parte in cui non prevede che detta impugnazione possa essere accolta solo se rispondente all’interesse superiore del minore, situazione ritenuta contrastante con gli articoli 2, 3, 30, 31 e 117, primo comma della Costituzione e, sotto quest’ultimo profilo, in particolare con l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che assicura il diritto al rispetto della vita privata e familiare. La vicenda riguardava una coppia che aveva chiesto la trascrizione del certificato di nascita, formato all’estero, del figlio che secondo la Procura era nato attraverso il ricorso alla. maternità surrogata attraverso ovodonazione. Il Tribunale ordinario di Milano aveva dichiarato che il minore non era figlio della donna che lo aveva riconosciuto poiché la donna aveva fatto ricorso alla maternità surrogata con un contratto invalido perché contrario all’ordine pubblico ai sensi dell’articolo 16 della legge n. 218 del 1995. Di qui la cancellazione dell’annotazione sui registri dello stato civile. La Corte di appello ha dubbi circa la conformità alla Costituzione di un sistema che permette la rimozione, a causa delle sua non veridicità, di uno status filiationis già attribuito. Una tesi non accolta dalla Corte costituzionale secondo la quale è necessario garantire un bilanciamento tra l’interesse alla verità e quello dell’interesse superiore del minore. Di conseguenza, l’articolo 263, il quale non prevede che l’impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità possa essere accolta solo se rispondente all’interesse del minore, è conforme alla Costituzione. Per la Consulta il quadro normativo, sia interno, sia internazionale “non impone, nelle azioni volte alla rimozione dello status filiationis, l’assoluta prevalenza di tale accertamento su tutti gli altri interessi coinvolti”. E’ quindi corretto, nei casi di divergenza tra identità genetica e identità legale, procedere un giusto bilanciamento tra le diverse esigenze in gioco. Con particolare riguardo al diritto internazionale, i giudici costituzionali hanno precisato che, la centralità di considerare l’interesse del minore in ogni decisione che lo riguarda affermata dalla Convenzione Onu del 1989 sui diritti del fanciullo, ratificata dall’Italia con legge n. 176/1991, nonché dall’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, come stabilito dalla stessa Corte di Strasburgo proprio con riguardo a casi di maternità surrogata, è un principio ormai assodato nella giurisprudenza interna. E questo anche “nelle azioni volte alla rimozione del suo status filiazionis“. In questi casi, tuttavia, va considerato che nelle azioni “demolitrici del rapporto di filiazione” questo interesse può manifestarsi anche nel diritto alla verità biologica che è una componente essenziale dell’identità personale del minore. Senza dimenticare che l’interesse alla verità, in taluni casi, ha anche natura pubblica, in particolare quando riguarda pratiche vietate dalla legge come i casi di maternità surrogata “che offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane”. Pertanto, – osserva la Corte costituzionale – da un lato non è ammissibile la prevalenza dell’esigenza della verità della violazione in modo automatico, dall’altro lato, però, si deve garantire il bilanciamento e un giudizio comparativo tra “gli interessi sottesi all’accertamento della verità dello status e le conseguenze che da tale accertamento possano derivare sulla posizione giuridica del minore”. Non fondata, così, la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 263 del codice civile.

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