La Corte europea dei diritti dell’uomo ha depositato, il 13 aprile, un nuovo parere richiesto dalla Corte suprema finlandese in base al Protocollo n. 16 (P16-2022-001, Advisory opinion). Questa volta, al centro dell’intervento della Corte di Strasburgo, il procedimento giudiziario di adozione di un adulto che ha permesso alla Corte europea di analizzare, in una prospettiva comparata, le regole relative ai procedimenti di adozione degli adulti presenti in 38 Stati. La vicenda aveva al centro C., che aveva vissuto con la madre biologica fino a 3 anni e poi con la zia la quale aveva ottenuto la custodia, d’intesa con la madre biologica che si trovava in una situazione precaria. La zia, al compimento della maggiore età di C., e d’intesa con l’uomo, aveva presentato una domanda di adozione che era stata accolta. Di qui l’opposizione della madre biologica la quale sosteneva che l’adozione era stata motivata solo da ragioni successorie e fiscali. La Corte di appello aveva dichiarato il ricorso inammissibile perché la madre biologica non era parte nel procedimento di adozione. La Corte Suprema, prima di pronunciarsi, ha chiesto l’intervento della Corte europea dei diritti dell’uomo per assicurare la corretta applicazione dell’articolo 8 della Convenzione europea che assicura il diritto al rispetto della vita privata e familiare. Strasburgo chiarisce che il procedimento di adozione di un adulto incide sul diritto al rispetto della vita familiare della madre biologica, ma in misura ancora più ampia sul diritto dell’adottante e dell’adottando. Tuttavia, la solo circostanza che il diritto interno non considera parte nel procedimento la madre, limitando così il diritto di appello, non è una violazione dell’articolo 8 perché tale norma non richiede che siano assicurati tali diritti procedurali alla madre biologica. La Corte ha constatato che la madre biologica era stata sentita nel procedimento così come erano stati sentiti altri testimoni per accertare la qualità dei rapporti tra la madre biologica e l’adottante. Di conseguenza, l’articolo 8 non impone agli Stati di considerare la madre biologica come parte nel procedimento di adozione di un adulto, in particolare perché la donna era stata comunque ascoltata dalle autorità competenti. È vero – osserva Strasburgo – che in alcuni Paesi vi sono norme interne che assicurano la qualità di parte del procedimento alla madre biologica ma, in quest’ambito, gli Stati godono di un ampio margine di apprezzamento nel regolamentare le procedure di adozione di un adulto. La Corte europea, inoltre, ha stabilito che se nell’ambito di ricorsi individuali alla Corte fondati sull’articolo 8 e sull’articolo 6, in via generale, si può ritenere che la violazione dell’articolo 6 possa essere assorbita nell’ambito dell’analisi dell’articolo 8, nei casi di parere richiesti in base al Protocollo n. 16 è utile fornire chiarimenti sulle singole disposizioni che si ritiene possano risultare violate. Pertanto, la Corte si è pronunciata anche sull’articolo 6 rilevando, però, che l’ordinamento interno non prevedeva alcun diritto procedurale della madre biologica con la conseguenza che l’articolo 6 non è applicabile al caso. Detto questo, però, la Corte di Strasburgo passa la parola alla Corte Suprema che dovrà determinare se il procedimento di adozione dell’adulto abbia intaccato diritti della madre biologica riconosciuti in base all’ordinamento interno.
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