Carceri: le misure italiane convincono Strasburgo

La Corte europea dei diritti dell’uomo, con due decisioni del 16 settembre, in parte “invadendo” il campo del Comitato dei ministri, ha di fatto espresso un giudizio positivo sulle misure adottate dall’Italia dopo la sentenza pilota Torreggiani dell’8 gennaio 2013, con la quale l’Italia era stata condannata per il sovraffollamento delle carceri. Con le decisioni Stella e altri (STELLA ET AUTRES c-1. ITALIE) e Rexhepi (REXHEPI ET AUTRES c. ITALIE)  la Corte ha dichiarato irricevibili i ricorsi di 18 detenuti i quali sostenevano che l’Italia aveva violato l’articolo 3 della Convenzione europea che vieta i trattamenti disumani e degradanti a causa della detenzione in celle sovraffollate e senza riscaldamento. Strasburgo ha sostenuto che i ricorrenti non avessero rispettato il requisito del previo esaurimento dei ricorsi interni. In passato, la Corte ha effettuato la verifica del previo esaurimento dei ricorsi interni in relazione ai rimedi esistenti nell’ordinamento nazionale nel momento della presentazione del ricorso a Strasburgo. In quest’occasione, invece, la Corte imbocca un’altra strada, a vantaggio dell’Italia, ritenendo che il rispetto della condizione deve essere effettuato tenendo conto delle modifiche legislative introdotte in Italia dopo la sentenza pilota sul caso Torreggiani e, in particolare, con la legge n. 10, n. 92 e n. 117 del 2014. L’Italia – osserva Strasburgo – ha messo in campo nuovi mezzi a tutela dei detenuti, con misure preventive e risarcitorie. I detenuti, infatti, possono rivolgersi al giudice dell’esecuzione contestando gli spazi limitati e le condizioni di vita disumane, chiedendo l’attuazione della Convenzione. Rispetto al precedente sistema previsto dall’articolo 35 della legge penitenziaria, il nuovo meccanismo assicura l’effettiva applicazione della decisione presa dal giudice che impone un termine per l’esecuzione. Non solo. Con le modifiche post-Torreggiani, i detenuti che subiscono un trattamento disumano a causa del sovraffollamento possono ottenere uno sconto di pena o una riparazione. Di qui l’obbligo di attivare prima i rimedi interni e poi di rivolgersi a Strasburgo tanto più che – osserva la Corte – non ci sono prove che i nuovi strumenti non consentano un’adeguata riparazione alle vittime. La Corte, poi, pur chiarendo che sull’esecuzione delle sentenze della CEDU è competente il Comitato dei ministri, ha espresso un giudizio positivo sulle misure italiane ravvisando un miglioramento della situazione, con una diminuzione della popolazione carceraria

Le decisioni della Corte sono destinate, senza dubbio, a bloccare l’esame nel merito di 3.500 ricorsi già pendenti. Con un evidente effetto positivo sul carico di lavoro di Strasburgo. Resta da vedere, però, come risponderanno gli organi nazionali competenti di fronte a un boom di azioni risarcitorie.

Si veda il post http://www.marinacastellaneta.it/blog/strasburgo-accende-i-riflettori-sulla-drammatica-condizione-dei-detenuti-in-italia.html

 

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