Sì alla giurisdizione del giudice italiano nel caso di controversia di lavoro tra una dipendente dell’Ambasciata degli Emirati Arabi Uniti a Roma, di cittadinanza tunisina, e lo Stato estero. E questo anche nel caso in cui le parti abbiano inserito in un contratto una clausola derogatoria rispetto al giudice competente. La Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, con sentenza n. 18801 depositata il 10 giugno 2022 (18801), dopo aver chiesto all’Ufficio del Massimario di delineare i contorni del quadro normativo in materia di immunità dalla giurisdizione in caso di controversie di lavoro, ha accolto il ricorso della donna che era stata licenziata nel 2015. Sia il Tribunale sia la Corte di appello di Roma avevano respinto il ricorso per difetto di giurisdizione del giudice italiano. Di qui il ricorso della donna in Cassazione che, in ragione della complessità del quadro normativo e dell’esistenza di un ampio e duraturo dibattito della dottrina internazionalistica “che registra opinioni dissenzienti rispetto alla corrispondenza, affermata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo…dell’art. 11 della Convenzione di New York del 2004 sull’immunità giurisdizionale degli Stati e dei loro beni, al diritto consuetudinario”, aveva chiesto all’Ufficio del Massimario una relazione sull’istituto dell’immunità dalla giurisdizione civile degli Stati nelle controversie di lavoro. Le Sezioni Unite, ricevuta la Relazione, si sono pronunciate accogliendo il ricorso della donna e riconoscendo la giurisdizione del giudice italiano. Per la Suprema Corte, nel caso in esame sono venuti in rilievo esclusivamente aspetti patrimoniali del rapporto di lavoro e, quindi, non “operano limitazioni derivanti dalle relazioni diplomatiche di cui alla Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 1961”. La lettura delle fonti internazionali, inoltre, deve avvenire tenendo conto delle norme costituzionali e, in particolare, del diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. A ciò si aggiunga – osserva la Suprema Corte – la divergenza tra l’articolo 11 della Convenzione di New York (che si occupa dell’immunità della giurisdizione in materia di rapporti di lavoro) e l’articolo 21 del regolamento n. 44/2001 sulla competenza giurisdizionale, l’esecuzione e il riconoscimento delle decisioni in materia civile e commerciale che fissa i limiti all’operatività di clausole derogatorie rispetto alla competenza in materia di contratti di lavoro (confluito nell’art. 23 del regolamento n. 1215/2012), divergenza che deve essere superata non con una prevalenza di una norma sull’altra, ma procedendo a un coordinamento interpretativo. Pertanto, pur in presenza di una clausola negoziale che deroga alla giurisdizione italiana, va tenuto conto dei limiti alla derogabilità fissati dall’art. 21 del regolamento n. 44/2001 e della necessità di assicurare che un accordo attributivo di competenza, concluso prima dell’insorgere della controversia, “possa attuare una deroga alla giurisdizione del foro nei limiti in cui esso offra la possibilità al lavoratore di adire, oltre ai giudici naturalmente competenti in applicazione delle norme speciali degli art. 18 e 19, altri giudici ivi compresi, se del caso, i giudici situati al di fuori dell’Unione”. Considerando non operante la clausola derogatoria, la Cassazione ha riconosciuto la competenza del giudice italiano.
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