Le clausole contrattuali, anche per l’individuazione del giudice competente, valgono, nell’attività interpretativa, come mero fatto e, quindi, non ha rilievo la loro idoneità a produrre effetti giuridici. Pertanto una clausola contrattuale non valida può essere utilizzata per interpretare altre clausole, incluse quelle che attribuiscono la giurisdizione ai giudici di un determinato Stato. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, con la sentenza n. 21873, depositata il 30 agosto, con la quale la Corte ha confermato la giurisdizione del giudice italiano su una controversia che vedeva contrapposti un istituto di credito e un cliente il quale contestava un decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti (21873). Il Tribunale di Ravenna aveva accolto l’opposizione del debitore fondata sull’assenza di giurisdizione del giudice italiano, ritenendo sussistente la giurisdizione di San Marino. Questo perché nel documento fideiussorio era chiarito che, per ogni controversia sull’interpretazione del contratto e nei rapporti tra il fideiussore e la banca, le parti avevano scelto come foro competente quello della Repubblica di San Marino, anche se era precisato che la banca poteva adire “a suo insindacabile giudizio, l’Autorità giudiziaria di altro Stato”. Ad avviso del Tribunale di Ravenna, la prima parte della clausola con la deroga convenzionale alla giurisdizione era valida in base all’articolo 4 della legge n. 218/1995 di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, mentre non lo era la seconda parte con la totale libertà di scelta attribuita all’istituto di credito in quanto “carente della necessaria determinatezza o determinabilità del suo oggetto”. L’istituto di credito aveva impugnato il provvedimento dinanzi alla Corte di appello di Bologna che aveva accolto il ricorso, rigettando l’eccezione del difetto di giurisdizione presentata dal debitore. Di qui il ricorso del debitore in Cassazione che, però, gli ha dato torto. Chiarito il principio dell’interpretazione complessiva delle clausole contrattuali, la Cassazione ha precisato che la Corte di merito aveva interpretato correttamente la clausola di giurisdizione a vantaggio del giudice di San Marino “come non avente carattere di esclusività”, accertando la sussistenza della giurisdizione italiana in base all’articolo 3 della legge n. 218/1995. Per la Cassazione, infatti, le clausole vanno interpretate complessivamente e così aveva fatto la Corte territoriale che non aveva dichiarato la validità della seconda parte della clausola sulla possibilità della banca di individuare l’autorità giudiziaria di un altro Stato, ma aveva solo utilizzato “la predetta parte della clausola già richiamata come mero fatto significante, emergente dalla lettura del contratto, ai fini della ricostruzione della effettiva volontà delle parti”. Inoltre, per la Suprema Corte non è decisiva, nell’escludere la giurisdizione del giudice italiano, “la scelta delle parti di assoggettare un rapporto contrattuale alla legge sostanziale di un altro Paese”. Pertanto, poiché la clausola che attribuiva la giurisdizione al giudice di San Marino non aveva carattere di esclusività, proprio alla luce della lettura complessiva della clausola, va riconosciuta la giurisdizione al giudice italiano in base all’articolo 3 della legge n. 218/1995, in quanto il convenuto era residente in Italia.
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